Nella notte tra sabato e domenica ne sono arrivati quasi 150 sulle coste del Sulcis, tra Sant’Anna Arresi, Teulada e Sant’Antioco. Dall’inizio dell’anno gli immigrati algerini, protagonisti dei cosiddetti ‘sbarchi diretti’, arrivati in Sardegna sono poco meno di un migliaio, ovviamente tutti in versione clandestini, quindi destinatari di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, sebbene non esistano dati ufficiali su quanti abbiano effettivamente abbandonato la Sardegna o l’Italia. I recenti casi dei due algerini arrestati a Sassari perché già espulsi, o del loro connazionale, privo di permesso di soggiorno, arrestato al Pronto soccorso dell’ospedale Marino di Cagliari, la dicono lunga sull’efficacia dei provvedimenti delle Questure.
Nello sbarco multiplo dello scorso fine settimana è stato coinvolto numeroso personale delle forze dell’ordine: Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza. Le Fiamme gialle sono intervenute col loro reparto speciale, il Roan (Reparto operativo aeronavale), impegnato attivamente anche nel contrasto all’immigrazione clandestina, in particolare nell’attività di investigazione per individuare gli ‘scafisti’. Il ritrovamento di cinque ‘barchini’ sulle coste sulcitane ha fatto tornare d’attualità l’ipotesi della ‘nave madre’, che, grazie ad una perfetta organizzazione, porterebbe al largo dell’Isola i clandestini e poi, dividendoli in gruppi di 10/20, li imbarcherebbe sui mezzi navali con un motore che possa garantire loro di navigare fino alla vicina spiaggia, dove vengono prontamente recuperati dalle forze dell’ordine ed assegnati alle strutture di prima accoglienza.
Però, almeno in questo ultimo caso, il tenente colonnello Italo Spalvieri, comandante del Roan Sardegna, lo ha escluso con certezza: “Un aereo, decollato dalla nostra base di Pratica di Mare, aveva già individuato le imbarcazioni in navigazione a 50 miglia dalla costa e nelle vicinanze non c’era alcuna nave. Si avventurano direttamente dell’Algeria con la forza della disperazione anche con queste barche, che sembrano tinozze al limite della galleggiabilità. Se il mare è buono, si tratta di 10/15 ore di navigazione. Non possiamo escludere l’ipotesi della ‘nave madre’, ma finora non ne abbiamo mai individuato. Ciò nonostante, abbiamo attività in corso per verificarla. Anche perché siamo consapevoli che potrebbe esserci un’organizzazione a terra in grado di monitorare gli spostamenti delle forze dell’ordine, in modo particolare delle unità navali”.
Peraltro, una volta che le barche con gli algerini vengono individuate in mare, i militari italiani non hanno alternative: “La cosa primaria è la salvaguardia della vita di queste persone – ha evidenziato Spalvieri – che siano clandestini o meno. Non possiamo pensare di respingerli in tratti di mare profondi 5/600 metri. Tanto meno possiamo ipotizzare di riaccompagnarli da dove sono partiti perché non abbiamo l’autorizzazione ad entrare nelle acque territoriali algerine. Viste le precarie condizioni dei loro mezzi navali abbiamo l’obbligo morale come uomini e come militari di soccorrere queste persone”.
Fabio Meloni
(admaioramedia.it)
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