La risposta del Governo all’interpellanza del deputato leghista bolognese, Gianluca Pini, che collegava un professore di Aritzo, Salvatore Muggironi, alla strage nella stazione ferroviaria di Bologna (causò 85 morti ed oltre 200 feriti), non ha dissipato i dubbi, anzi. Sopratutto, in riferimento alla veridicità delle spiegazioni fornite dal professore sardo sulla sua presenza a Bologna e sullo smarrimento del suo documento. La vicenda riguarda il ritrovamento del passaporto dell’aritzese tra le macerie della Stazione e la rapida uscita dell’episodio dalle indagini dopo un rapporto proveniente da Bologna.
Per il Governo ha risposto il sottosegretario di Stato, Ivan Scalfarotto, che ha confermato le “specifiche indagini della Compagnia dei Carabinieri di Sorgono, delegate dalla Procura della Repubblica di Bologna, sulla scorta di una telefonata anonima giunta al brigadiere Oreste Celestino, comandante della squadra di polizia giudiziaria della Compagnia, a distanza di due mesi dall’attentato”. Dalle indagini dei Carabinieri era stata confermata l’appartenenza “ai gruppi dell’estrema sinistra di Aritzo” ed anche che il professore “aveva soggiornato a Bologna dal 24 luglio al 2 agosto 1980 (data della strage, nda), anche se non sono emersi riscontri circa la permanenza, da lui dichiarata, presso le strutture alberghiere (pensione Fusari e hotel Apollo, nda)“. Insomma, nessun chiarimento e tanti dubbi sui suoi spostamenti, visto che aveva dichiarato di essersi recato nel Capoluogo emiliano per una visita oculistica, che non risulta effettuata. Buio totale anche sul pizzaiolo sardo (Franco o Fulvio Berardis) al quale il professore avrebbe affidato la valigia col passaporto, senza poi rientrarne in possesso. “Effetti personali e documenti”, poi, recuperati “tra le macerie della stazione”, come ha precisato Scalfarotto, all’interno di una borsa sicuramente di sua proprietà, tanto che “il tutto è stato riconsegnato al proprietario nel marzo 1981”. Ciò nonostante, secondo il Sottosegretario di Stato, non erano emersi “elementi utili” a far ritenere che fosse implicato nell’esplosione. Eppure, la ‘pista sarda’ fu abbandonata definitivamente dopo il rapporto di un Capitano del Nucleo operativo dei Carabinieri di Bologna, che puntava su due ‘assiomi’ mai dimostrati: il professore era a Bologna per incontri sessuali, perciò avrebbe mentito sui suoi spostamenti; il documento era integro e privo di polvere perciò non era stato rinvenuto tra le macerie. Motivazioni deboli: una risibile ed una smentita dalla relazione di Scalfarotto. Peraltro, l’autore del rapporto, capitano Paolo Pandolfi, oltre ad aver fatto una brillante carriera, andando in pensione col grado di colonnello, è l’ufficiale incaricato di raccogliere le ‘rivelazioni’ sulla strage di Bologna di Elio Ciolini: un vero e proprio depistaggio che costò una condanna a nove anni di carcere per calunnia al fantasioso testimone.
Insomma, non è chiaro, e la risposta governativa alimenta i dubbi, perché la magistratura bolognese abbandonò frettolosamente la pista degli estremisti di sinistra con base in Sardegna, non approfondendo i motivi delle tante bugie raccontate dal professore di Aritzo. Ancor più, considerando che altri due sardi, anche loro barbaricini e sodali del professore intorno al giornale “Barbagia Contro”, dopo l’arresto in Olanda erano stati condannati nel 1978 dal Tribunale di Oristano a 3 anni (e 500mila lire di multa) per detenzione e porto illegale di armi ed esplosivi. Curiosamente non furono perseguiti per banda armata, nonostante gli fossero stati sequestrati documenti riferiti alle Brigate rosse ed al terrorismo palestinese. Inoltre, come confermato da una sentenza della Corte d’Assise di Cagliari, “il fronte logistico delle Brigate rosse aveva deciso di trasferire in Sardegna un grosso quantitativo di armi, appartenenti all’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina, nda) e facenti parte di un più consistente stock di armi”. La ‘santabarbara’ fu scoperta tra il Montalbo e Monte Pitzinnu, nel territorio di Lula, e conteneva 5 razzi di fabbricazione americana per bazooka; un missile anticarro sovietico; 2 missili terra-aria di fabbricazione francese; 30 chili di esplosivo al plastico; 8 bombe a mano di fabbricazione americana; 6 mitra inglesi Sterling; cartucce per mitra.
Fabio Meloni
(admaioramedia.it)
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