Finalmente è stato strappato il ‘sipario’ che ‘proteggeva’ il Movimento 5 Stelle in Sardegna. Grazie all’intervista ad Alessandro Polese, (tre puntate pubblicate in queste pagine nei giorni scorsi), si è illuminata una vicenda che ancora oggi presenta molti lati oscuri: la mancata presentazione delle liste alle elezioni regionali del 2014.
Alle sue parole si possono aggiungere anche altri dettagli che aiutano ad inquadrare meglio la vicenda. Bisogna premettere che l’algherese Polese non era un attivista qualsiasi. Laureato in giurisprudenza ed esperto di informatica giuridica, si era avvicinato al M5S prima ancora che il Movimento esistesse, ossia dai tempi dei gruppi “Amici di Beppe Grillo” e dei primi “Vaffa day”. Fu poi un protagonista sia delle elezioni comunali di Alghero del 2013, dove la candidata sindaco 5Stelle, Giorgia Di Stefano, prese quasi il 10% dei voti, sia delle elezioni politiche del 2013, dove nelle prime votazioni on line per la scelta dei parlamentari sardi venne battuto sul filo di lana dalla ‘caccia al voto’ che premiò Roberto Cotti e Manuela Serra. Poi, entrambi eletti al Senato, con Polese primo dei non eletti. Fu anche uno degli attivisti che più si spese per far ottenere la certificazione alla lista 5 Stelle alle elezioni comunali di Assemini, dove poi venne eletto sindaco Mario Puddu. Era insomma la persona ideale per l’incarico di formare la lista 5Stelle per le elezioni regionali del 2014, una sorta di ‘referente’ regionale scelto da Grillo in persona. Anche se l’incarico gli venne affidato con le modalità opache e sotterranee che Polese stesso ha raccontato (nessuno sino ad ora le ha mai smentite) e che portarono poi al disastro che seguì.
Quando la notizia dell’incarico a Polese trapelò, molti attivisti grillini si indignarono ritenendo non conforme alle supercazzole partecipative del Movimento che il candidato presidente fosse scelto dall’alto. In nome del motto ‘uno vale uno’ iniziarono gli attacchi a Polese e al gruppo di attivisti che si era raccolto intorno a lui. Venne chiamato “l’Unto” e gli venne dato persino del “nazista”. Per contrapporsi al suo gruppo, alcuni attivisti, con il sostegno dell’allora senatrice Serra, iniziarono un percorso alternativo chiamato ‘road map’, secondo il quale, in sostanza e in sintesi, chiunque poteva presentare la propria candidatura a presidente e a consigliere regionale. Quelli della ‘road map’ organizzarono una raccolta di candidature on line, a cui partecipò di tutto di più, e tennero persino un esame delle persone che avevano presentato la propria candidatura (la cosiddetta ‘graticola’) alla Fiera di Cagliari: tuttora, non è chiaro chi abbia pagato l’affitto della sala.
Grande era la confusione sotto il cielo di Sardegna, sino a che da Milano decisero di sfruttare le contrapposizioni che loro stessi avevano alimentato: la ‘road map’ venne fulminata con un post sul blog di Grillo, mentre al gruppo di Polese venne detto, sin dall’ottobre 2013, che non sarebbe stato concesso il marchio per la presentazione alle elezioni regionali. L’incontro in extremis di Riola Sardo fu soltanto fumo negli occhi. Intanto, era già pronta la giustificazione ufficiale del “non eravamo pronti”: “I Sardi sono litigiosi”. Così, la deputata Emanuela Corda ed altri parlamentari ‘pesanti’ del M5S iniziarono da subito a propalarla dietro imbeccata della comunicazione ufficiale 5Stelle. Era la ‘verità ufficiale’ che da allora è calata sulla vicenda e che alcuni ancora credono. Così come credono che la ‘lista Polese’ fosse sponsorizzata dalla stessa deputata Corda, che invece già da allora aveva iniziato l’opera di desertificazione dell’attivismo sardo.
Qualcuno tra gli attivisti si è salvato, soprattutto quelli che hanno avuto più pelo sullo stomaco, come, per esempio, la neo consigliera regionale Carla Cuccu, a quel tempo parte integrante del gruppo di Polese: capì che per fare ‘strada’ doveva accodarsi alla Corda-ta vincente. Quanto a Polese, come riconobbe lo stesso Grillo, pagò la cauzione per tutti. Sino a oggi.
Montecristo
(sardegna.admaioramedia.it)