Non è facile per me scrivere la mia storia senza lasciare spazio al dolore, alla sofferenza e alla rabbia. Se dovessi dire chi sono oggi, sicuramente sono una persona completamente diversa dalla Claudia di 13 anni fa, perché dal mio incubo di vittima di stalking non sono mai uscita e nessuno mi ha mai aiutata. Questa esperienza ha stravolto la mia vita e mi ha profondamente segnata nell’animo.
La mia storia inizia quando, a casa di una mia ex amica, incontro quello che sarebbe diventato il mio stalker. Da subito ho avvertito nei confronti di questo tipo un senso di diffidenza, il mio sesto senso mi suggeriva di stare alla larga per il suo modo di parlare e per il suo continuo vantarsi nel fare male alle donne. Sono stata offesa dall’inizio da questo ‘signore’ con frasi ingiuriose del tipo “tu sei come tutte le altre donne, stronza, prepotente e…”, parole irripetibili. Proprio per il suo modo di fare mi allontanai anche dal gruppo di amiche, con loro solo un rapporto di buona educazione, un saluto, un reciproco scambiarsi gli auguri per il compleanno e per le feste comandate, niente di più. Ormai ex amiche, i contatti sono stati chiusi definitivamente, perché poi hanno svelato il loro aspetto diabolico, aiutando lo stalker nella sua ossessione e nel controllo della mia persona. E non sono la sua unica vittima donna.
A fine ottobre 2006 inizia il mio inferno, fatto inizialmente di telefonate assillanti, aggressioni verbali, un continuo interferire nella mia vita professionale, che nel corso degli anni mi ha visto privare di lavori di prestigio e di importanti occasioni di crescita professionale, specialmente al di fuori della Sardegna. Da parte dello stalker mai un segno di redenzione. Solo un agire intenzionale e consapevole nel fare del male. Quando ho chiesto aiuto mi hanno fatto credere che, io vittima, avessi attirato quelle reazioni e che avessi la mia buona parte di colpe. In quei momenti ho visto sminuire la mia persona e l’aver manifestato il mio disagio, causato da questi comportamenti vessatori e persecutori, aveva e ha fatto arrabbiare e parecchio il mio stalker. Insomma, io sarei la causa di tutto e il movente andava ricercato nel mio modo di vestire o nel mio modo di rispondere. Proprio questo farmi sentire colpevole ha creato in me un senso di vuoto e di sfiducia e ha contribuito a farmi chiudere ancora di più in me stessa.
Sono nata negli anni 70 e sono figlia di quegli anni che hanno insegnato alle donne ad essere consapevoli dei loro diritti. Ed io volevo e voglio riprendermi i diritti alla vita ovvero vivere la mia esistenza libera da vincoli e da costrizioni, libera di respirare l’aria che respiro, libera di camminare per la strada, libera di parlare senza avere qualcuno che si piazza davanti per ascoltare quello che dico al mio interlocutore, libera di scegliere le mie amicizie, libera di scegliere il mio percorso lavorativo e di raggiungere i miei obbiettivi professionali. Nessuna ragione o nessun motivo può e deve giustificare qualunque forma di violenza. Ancora oggi, di stalking si parla poco o troppo poco. E chi, come me, è vittima si vede cambiare la vita dal giorno alla notte.
La violenza psicologica mi ha distrutto. Le umiliazioni, le ingiurie, il ridicolizzare la mia persona e soprattutto l’avermi isolato mi hanno segnato l’esistenza. Sì, perché lo stalker è stato abile a mettermi contro tutti e tutto e a privarmi di qualunque contatto umano perché la sua paura è che possa confidarmi con qualcuno. I segnali sono stati sottovalutati dal principio. E lo stalker è stato finora protetto dall’omertà di chi lo circonda, come le mie ex amiche e testimoni che quotidianamente vedono, osservano e girano la faccia dall’altra parte come se il problema non sfiori minimamente la propria esistenza. Mi ritrovo da sola ad affrontare questa grave situazione e non so più dove sbattere la testa. Ho solo un desiderio. Svegliarmi un domani ed essere aiutata ad uscire da questo brutto incubo…
Claudia Pilloni
(sardegna.admaioramedia.it)