Con sorpresa e dissenso ho appreso di numerosi articoli stampa sulle iniziative di un Comitato per la riconversione della Rwm, una fabbrica di armi con stabilimento in Domusnovas.
Sorpresa perché evidentemente i militanti del Comitato, che agiscono con meritevoli finalità, non conoscono ovvero non danno il giusto valore agli indicatori e alle regole del ‘mercato’. Proprio la dimensione ormai globalizzata del mercato ha aumentato sensibilmente la concorrenza nei diversi settori produttivi e, quindi, altre realtà industriali ma soprattutto altri Stati saranno ben lieti di cogliere l’opportunità che si verrebbe a creare con la dismissione della Rwm. Per quali ragioni favorire il trasferimento della produzione a vantaggio di altri territori extranazionali? Dissenso in quanto non si possono più anteporre le ideologie, se pur in qualche misura condivisibili per aspetti etici di carattere generale, all’emergenza occupazionale che affligge la nostra Isola, soprattutto la provincia di Carbonia/Iglesias. Tutti, sia cittadini che rappresentanti di istituzioni, dovrebbero ispirare le proprie azioni e scelte ad un senso più pratico dell’economia in difesa delle nostre risorse e del benessere della nostra comunità.
Seguo con seria preoccupazione l’evolversi della vicenda, e osservo con dispiacere che sul tema sono state pubblicate interviste di autorevoli esponenti del Pd e di autorità ecclesiastiche, e che sono state rilasciate esternazioni sulla contrapposizione morale alle guerre e di solidarietà alla riconversione industriale. Sono certa che i lettori sapranno giudicare come la questione etica non si risolva con una riorganizzazione industriale su altre produzioni. Smettiamola con questa ipocrisia e prendiamo atto, invece, che creare le condizioni per fabbricare armi in altri Stati non pulirà le nostre coscienze, ma soprattutto non contribuirà ad azzerare e nemmeno ridurre i conflitti internazionali. Sia chiaro che lo Stato Italiano attraverso le autorità preposte solo dopo controlli rigorosi previsti dalla severa normativa vigente ha rilasciato a Rwm le autorizzazioni necessarie alla produzione bellica. Devo puntualizzare che tutta questa complessa procedura è coerente coi trattati europei e internazionali e in armonia con i principi cardine della nostra Costituzione.
E’ auspicabile che non si interferisca pretestuosamente nelle dinamiche economico-industriali per rappresentare una realtà distorta, e far credere a chi in buona fede, manifesta il proprio dissenso alla guerra e in genere al contesto militare che Rwm e chi sostiene la loro produzione sia dalla parte delle guerre. Il lavoro non dovrebbe avere una connotazione politica, e mi pare scorretto strumentalizzare aspetti morali con l’unico e certo risultato di danneggiare irrimediabilmente un territorio e un popolo già di per se in sofferenza cronica di occupazione. La consapevolezza della difficile congiuntura economica richiede responsabilità. Rivolgiamo, al contrario, il nostro impegno a non compromettere il lavoro per i 300 dipendenti, oltre agli addetti dell’indotto, e compiamo ogni sforzo possibile per non disperdere la preziosa opportunità di occupazione per altri potenziali 250 lavoratori, nel caso venga autorizzato l’ampliamento dell’area produttiva. Dietro questi ‘numeri’ ci sono esistenze, famiglie, la possibilità di garantire un futuro ai figli per consentirgli di conseguire le loro aspirazioni. Sono convinta che il lavoro è un valore prezioso e irrinunciabile per il futuro della nostra amata terra. Non distruggiamo i sogni dei futuri cittadini. Non offendiamo la dignità dei lavoratori della Rwm.
Alessandra Zedda – Capogruppo regionale di Forza Italia
(admaioramedia.it)
2 Comments
Alessandro P.
“Il lavoro non dovrebbe avere una connotazione politica”; è vero. E’ la produzione di armi che dovrebbe averla! Non c’è economia che possa essere messa davanti ad una fabbrica di morte, anche se si tratta di posti di lavoro. Queste aziende crescono proprio dove c’è povertà e persone come lei che le difendono.
Alessandro P.
“Il lavoro non dovrebbe avere una connotazione politica”, è vero! Far operare una fabbrica di morte, invece, ce l’ha senz’altro. Il lavoro non può essere il solito scudo dietro al quale si trincera qualunque attività umana. Inclusa quella di raccattare voti.