Poco meno di un anno fa, dopo oltre 30 anni dalla irrituale e veloce archiviazione del fascicolo che lo riguardava, è tornato alla ribalta il nome del professore di Aritzo, il cui passaporto fu trovato in una borsa tra le macerie della stazione ferroviaria di Bologna, dopo la tremenda esplosione del 2 agosto che causò 85 morti. Infatti, il deputato leghista bolognese, Gianluca Pini, ad ottobre aveva presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere chiarimenti sulla vicenda. Ma l’origine del ‘caso Salvatore Muggironi’ risale ad un anno prima, nei primi mesi del 2014: “Durante la stesura de ‘Il Grande fuoco’ mi recavo spesso a Roma all’Archivio storico del Senato di Palazzo Giustiniani – ha raccontato Giuliano Sadar, giornalista triestino, caposervizio Rai in Friuli Venezia Giulia – che custodisce, digitalizzati atti e documenti di tutte le commissioni parlamentari di indagine e d’inchiesta. Viaggi in giornata, in aereo da Trieste, strappati ai giorni di riposo del mio lavoro, ma molto interessanti. Mi trovavo con il giudice Rosario Priore e andavamo alla ricerca di nuove piste, essendo entrambi interessati alle vicende del terrorismo palestinese. Una pasta con le vongole per pranzo lungo i vicoli che danno sul piazzale del Pantheon, e poi via ancora a cercare”.
Il giudice Priore, non molto esperto di computer, si faceva aiutare da Sadar, che in cambio poteva approfittare di alcune ‘dritte’ assai preziose, data l’esperienza del suo interlocutore: “Quando mi chiese di cercare alla voce Muggironi, gli chiesi di chi e cosa si trattasse, perché quel nome a me non diceva nulla. Lui mi rispose di cercare, che avrei capito. Infatti capii subito, perché di documenti ne uscirono diversi, prova che in Commissione Mitrokhin (mi sembra) di Muggironi si era già trattato. I ricordi sono vaghi, ma ricordo la fotocopia del passaporto, i verbali dei Carabinieri, le lettere e le risposte fra Bologna e la Sardegna”. Era la storia di un insegnante barbaricino ipovedente, esponente di un gruppo di estremisti di sinistra, del quale facevano parte anche due compaesani che nel 1976 erano stati condannati a tre anni di carcere dopo l’arresto in Olanda, su un treno diretto ad Amsterdam, con armi, esplosivi, una cartina contenente le distanze chilometriche tra alcuni aeroporti europei e del nord Africa, fogli coi nomi di detenuti delle Brigate Rosse e riferimenti ai gruppi del terrorismo palestinese. Il fatto strano era che il professore tornò in Sardegna proprio il 2 agosto da Bologna senza denunciare lo smarrimento del passaporto, quello ritrovato tra le macerie della stazione bolognese: “Priore non mi raccontò a che gli serviva quella documentazione, io non glielo chiesi – aggiunge Sadar – Mi ricordo che mi disse essere un sospetto simpatizzante delle Brigate Rosse. Sicuramente Priore all’Archivio del Senato è andato a botta sicura. Credo che sapesse con certezza che nelle commissioni di inchiesta ne avevano parlato. Non so cosa si aspettasse. Sicuramente dei documenti scovati fu molto soddisfatto. Ne parlammo ancora spesso, o al telefono, o quando ci vedevamo, e lui mi faceva sempre capire che si trattava di una pista di estremo interesse. Non approfondii la vicenda, che mi rimase però sempre davanti agli occhi, tanto che dopo l’interrogazione parlamentare ne parlai nel mio blog “Il fuoco e il silenzio”. Il resto è storia di oggi, con il libro ‘I segreti di Bologna’, in cui Rosario Priore e Valerio Cutonilli parlano della vicenda”.
Invece, le indagini su Muggironi furono frettolosamente archiviate dalla Magistratura bolognese dopo un ‘provvidenziale’ rapporto dei Carabinieri di Bologna, che attribuiva le lacune della versione fornita dal professore alla volontà di mascherare indicibili frequentazioni sessuali, vero motivo della sua presenza a Bologna, evitando così di approfondire o di verificare le numerose incongruenze. Anche l’iniziativa in Archivio del giudice Priore conferma che si sarebbe dovuto indagare meglio e più a fondo. Ma la pista prescelta era già tracciata: la strage era fascista. “Per quello che conosco della storia, è un grumo di contraddizioni che allarma. Sia per la singolarità del ritrovamento, sia per la ‘negligenza’ iniziale dei giudici bolognesi, sia per come i Carabinieri hanno gestito la vicenda. Da qui a dire che Muggironi sia in qualche modo implicato nelle vicende della strage ce ne corre. Purtroppo, le cortine fumogene che sono state alzate dall’inizio delle indagini, hanno creato enormi ritardi, hanno fatto perdere molto tempo, e tempo decisivo. Tutto ciò che riguardava i palestinesi, il Lodo Moro, o piste rosse, quando si era deciso che le piste dovevano essere nere, veniva silenziato. E così oggi ci troviamo con una storia recente tragicamente non condivisa”.
Proprio il terrorismo palestinese si affaccia con prepotenza nelle vicende che ruotano intorno alla strage di Bologna ed oggi, a distanza di 36 anni, pochi ricordano lo scenario internazionale e le strategie della politica estera italiana, con il famigerato ‘Lodo Moro’ (accordo di ‘non belligeranza’ tra lo Stato italiano ed il terrorismo palestinese). Ma in troppi hanno dimenticato anche la cronaca di quegli anni, come quella che proprio Giuliano Sadar racconta nel suo libro “Il Grande fuoco” sull’attentato dei palestinesi di Settembre Nero (4 agosto 1972) al deposito petrolifero costiero di Trieste dell’oleodotto transalpino, dove veniva e viene ancora stoccato il petrolio che poi va in Baviera, in Austria e in Repubblica Ceca.
“Fu un evento pazzesco, che a Trieste si ricorda ancora con inquietudine. Quattro cariche esplosive fecero esplodere quattro serbatoi, in cinque giorni andarono a fuoco 16mila tonnellate di petrolio, e solo per un miracolo, cioè condizioni meteo perfette e senza un filo di vento, evitarono un disastro. Il fatto che non ci furono morti (17 feriti e due paesi evacuati) e che un mese dopo avvenne la strage delle olimpiadi di Monaco, mise in secondo piano l’evento di Trieste. In verità si è trattato del primo attentato terroristico palestinese in Italia, e tutta una serie di circostanze lo collocano a pieno titolo fra i più importanti e cruciali, pur se misconosciuti, per la storia che sarebbe seguita”.
L’attentato triestino possiede una serie di circostanze che lo collocano a pieno titolo fra i più importanti e cruciali, seppure dimenticato e poco conosciuto, di vitale importanza per la storia che sarebbe seguita: “Fu un attentato dinamitardo e otto anni dopo a Bologna si escluse subito la ‘pista rossa’ perché solo i neri (o gli anarchici), per la vulgata politicamente corretta, erano bombaroli. Gli attentatori venivano da Parigi, fulcro organizzativo dei palestinesi in Europa. I finanziamenti arrivavano dalla Svizzera, dove viveva Ali Hassan Salaman, il miliardario che ha messo i soldi per tutte le azioni di Settembre nero. Le indagini si chiusero con dure condanne a terroristi che la Francia si guardò bene di estradare, poi in appello tutto venne messo a tacere, con riduzioni di pena da 22 a 6 anni e la derubricazione del reato di strage. Tutto molto simile ai trattamenti di riguardo che i palestinesi ebbero durante il Lodo Moro. Proprio dopo Trieste e gli episodi che si succedettero per un anno e mezzo in Italia (sequestri d’armi, attentati abortiti come quello del mangianastri a Fiumicino e la vicenda dei lanciamissili di Ostia), il governo italiano si decise a proporre un accordo segreto ai palestinesi. Anche alcuni personaggi chiave della storia indicibile d’Italia, come la giornalista collaboratrice del colonnello Giovannone, Rita Porena, furono in qualche modo coinvolti nell’indagine sull’attentato di Trieste. Infine, qualche anno dopo l’attentato alla polizia politica di Trieste arrivò un’informativa che Carlos ‘lo sciacallo’ i giorni dell’attentato era a Trieste, sotto falso nome a un convegno all’allora Hotel Europa”. L’esperienza investigativa del giornalista triestino lo porta a credere che quella del terrorismo palestinese in Italia sia “una storia ancora tutta da scrivere, di cui stiamo per ora mettendo assieme i pezzi. E Trieste ebbe un ruolo per così dire iniziale quanto sconosciuto”.
Fabio Meloni
(admaioramedia.it)
36 Comments
FaberSardo
Per Giuliano Sadar, giornalista triestino, che si è occupato di terrorismo palestinese, “la pista sarda per la… https://t.co/y54IUlYAhQ
giudefilippi
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Giancarlo Saba
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giulianosadar
Anche in Sardegna si parla de Grande fuoco. Finalmente si comincia a capire che la storia degli attentati… https://t.co/fNTqOeujWG
giulianosadar
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giulianosadar
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Pietro69Comelli
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agati_luca
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agati_luca
@admaioramedia sempre precisi sull’argomento. Bravi!!! #Giustizia per le vittime della #strage di #bologna
Roberto Zedda
Pista palestinese.
webnauta59
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webnauta59
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Mauro Firreri
Bell’articolo, tesi presentata a “blu notte” con risconrri oggettivi. Naturalmente rimangono molti punti oscuri, ma in linea di massima credo che chi ci ha lavorato abbia un’idea precisa di ciò che ruota intorno quella vicenda
Gino Baldinu
i colori nero o rosso abbagliano gli italiani ,che credono solo al loro colore di nascita..
Patrizia Lai
Certo…come no!!! ???? giusto per accusare qualcuno..
Ad Maiora Media
Immaginando che sia documentata sul tema, potresti spiegare quali sono le accuse poco credibili…
Antonello Sanna
…vero, venne lanciata dagli asini volanti, specie endemica che affolla il nostro Paese ( a volte non volano nemmeno ma scrivono)!
Ad Maiora Media
A proposito di asini… con la certezza che avrai argomenti dettati da approfondimenti sul tema, potresti spiegare la tua tesi …
Antonello Sanna
…scrivono ancora e senza vergognarsene a volte, poi se hai bisogno di tesi, leggiti il manuale delle giovani marmotte, li c’è tutto quello che ti interessa, ma non divulgarlo, tienilo per te…. è un segreto di stato anche quello!!!
Ad Maiora Media
Al cospetto di cotanta preparazione accademica, non si può che arrendersi. Saluti al Gran Mogol…
Antonello Sanna
sarà fatto, non appena si libererà di curiosoni che …
Gian Paolo Cucca
Chiedi ai governanti del perido,,,,ne sarda, ne nera,,,ma crociata e falce martello che andavano a braccetto,,,,si chiama ,,,destabilizzare,,far credere ciò che non è ,,,e spostare consensi,,,,,svegliaaaa
Rita Ruggiu
“…si escluse subito la posta rossa perché solo i neri (o gli anarchici), per la vulgata politicamente corretta, erano bombaroli. ” Questa è un’opinione o è suffragata dai fatti?
Ad Maiora Media
Evidentemente, è un’opinione del giornalista Sadar, suffragata dai fatti che anche nell’intervista sono citati e che sono stati approfonditi in altri articoli su admaioramedia.it.
Rossana Fais
Oggettivamente non è stato facilissimo leggere l’articolo perché il testo si presentava senza spazi. L’ argomento si riprende la ribalta dopo l’uscita del libro che parla del “cadavere” (?) mai ritrovato della ragazza sarda (che leggero’). Per me il caso sarebbe ancora aperto con indagini volte a capire perché alcuni indizi siano stati liquidati con grande leggerezza . Forse la prossima generazione avrà un resoconto diverso di questa vicenda (non necessariamente con il coinvolgimento del prof)
Alberto Corriga
È sempre la solita storia ” banda di sardi assalta furgone portavalori ” poi leggi l’articolo e scopri che c’era un tipo con un cognome sardo e che non sa neanche che profumo ha la Sardegna e il resto della banda è composta da toscani , umbri , campani , veneti e lombardi …. però è più figo chiamarla ” banda di sardi ” !!!
Pasquale Merlini
Ma mi faccia il piacere…..
Ad Maiora Media
Immaginando che sia documentato sul tema, potresti fare il piacere ai lettori di spiegare qual è la tua tesi…?
Marco Inconis
Che cazzate sparano ? , prima le BR , poi i fasci , poi banda della magliana con la destra , ora i sardi ? …. fra’ un po’ sparano fuori che sono stati l’isis