Avrebbe potuto continuare ad interessarsi tranquillamente delle sue cause civili al Tribunale di Roma, invece si è appassionato, fino a scriverne un libro insieme all’ex giudice Rosario Priore, di una delle pagine più misteriose della storia d’Italia: la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. “I segreti di Bologna“, edito da Chiarelettere, che in poche settimane di presenza negli scaffali delle librerie non ha mancato di generare polemiche: “Una persona a me molto cara risponderebbe che l’ho fatto per masochismo – spiega Valerio Cutonilli, avvocato romano– Infatti, la strage scaturisce da un contenzioso internazionale che, a parere di taluni, ancora oggi sarebbe più comodo evitare di esplorare”.
Nel volume del duo Cutonilli-Priore riemergono alcuni episodi misteriosi che legano la Sardegna a quel triste evento: “In effetti, compare più volte. La Barbagia, infatti, ospitava i depositi di armi ed esplosivo del terrorismo palestinese. Sardo è anche il proprietario del passaporto e della valigia ritrovati tra le macerie della stazione di Bologna. Di origine sarde, infine, era la povera Maria Fresu, la vittima innocente dell’esplosione il cui cadavere non è mai stato ritrovato. A mio avviso, la sparizione della salma rappresenta la chiave per accedere ai segreti di Bologna. La dinamica della strage, nonostante la ricostruzione giudiziaria (tre condanne definitive ad appartenenti ai Nar, nda), risulta poco chiara. E nel libro spieghiamo perché”.
Resta ancora incomprensibile, perché le spiegazioni allora fornite dai protagonisti appaiono deboli, come il passaporto (ed altri effetti personali) di un professore di Aritzo, Salvatore Muggironi, vicino ad ambienti extraparlamentari di sinistra, sia isolani che nazionali, sia finito proprio il 2 agosto nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria bolognese e soprattutto come mai questo dettaglio fu accantonato frettolosamente e con pochi riscontri da parte degli investigatori, che invece avevano da subito indirizzato le indagini verso la cosiddetta ‘pista nera’: “Un episodio diventato noto grazie ad una interrogazione parlamentare – ricorda Cutonilli – Da anni studiavo gli atti dell’inchiesta sulla strage, ma devo ammettere che questa vicenda era sfuggita anche a me”. Poi, una sorta di appello a Salvatore Muggironi: “A distanza di decenni, un aiuto potrebbe essere proprio il diretto interessato ad aiutare a capire chi s’imposessò di passaporto e valigia. Nel libro escludiamo accuse o congetture. Certo però che né un passaporto né una valigia possono camminare da soli. Qualcuno li aveva con sé all’interno della stazione di Bologna al momento dell’esplosione”.
Maria Fresu, invece, era una giovane donna sarda, emigrata in Toscana con la famiglia, che sfortunatamente quel giorno si trovava alla stazione bolognese, insieme alla sua bambina e due amiche, in procinto di partire per la vacanza estiva: “La scomparsa del suo cadavere è stata sottovalutata e bisognerebbe comprendere le ragioni. Stando agli atti del processo, la povera Fresu era a oltre cinque metri di distanza dall’esplosione. Come viene spiegato nel libro, a quella distanza il fenomeno della disintegrazione non è sostenibile scientificamente. Non a caso, l’amica che le sedeva accanto non solo non si è disintegrata ma è addirittura sopravvissuta. Temo che i conti non tornino”.
Intorno alle vicende del dopo strage, soprattutto sotto il profilo politico, ha un ruolo da protagonista un altro sardo, Francesco Cossiga: “Il 2 agosto 1980, Cossiga era presidente del consiglio – racconta l’avvocato romano – E’ lui ad accreditare la pista nera come l’unica da percorrere. Dopo la caduta del muro di Berlino, Cossiga si pentì spiegando di essere stato vittima di un pregiudizio ideologico. Divenne il più convinto sostenitore dell’estraneità dei Nar alla strage di Bologna. A partire dal 2005 rivelò circostanze inedite, rivelando il lodo Moro (l’accordo tra governo italiano e resistenza palestinese per impedire attentati in Italia, nda) e il contenzioso con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina causato dall’arresto a Bologna del rappresentante in Italia di tale organizzazione, interna all’Olp ma contraria alla linea di Arafat e vicina all’Urss. Proprio questo contenzioso, scaturito dalla violazione dell’accordo, avrebbe provocato l’allarme di un attentato ritorsivo in Italia nei giorni precedenti la strage di Bologna. Allarme riferito all’opinione pubblica, come detto, solo nel 2005, attraverso una lettera inviata da Cossiga a un parlamentare membro della commissione Mitrokhin”.
Proprio le rivelazioni ‘a scoppio ritardato’ di Cossiga hanno aiutato alcuni storici ed attenti analisti di quegli anni ad inquadrare la strage nello scenario internazionale ed anche nella gestione della politica estera italiana. Soprattutto chi tuttora non crede alla ‘verità processuale’ è convinto che per trovare le vere motivazioni di quell’efferato episodio, di ormai 36 anni fa, serva una lettura sovranazionale: “Su questo non ho dubbi. Nel 1979 ha inizio una metamorfosi della nostra politica estera. Si assiste a un riposizionamento nello scacchiere internazionale che genera pericolose contraddizioni. Appare sempre più difficile conciliare i vincoli derivanti dalle nostre alleanze militari con gli enormi interessi economici coltivati nell’area mediterranea. E’ tra le pieghe di tali contraddizioni che si celano i segreti della strage di Bologna”.
Fabio Meloni
(admaioramedia.it)
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