La scalata alla poltrona di Presidente della Regione del grillino Mario Puddu, è bruscamente finita giovedì scorso, quando l’esponente pentastellato è stato condannato dal Gip del Tribunale di Cagliari, in un processo con ‘rito abbreviato’, a un anno di reclusione per abuso d’ufficio. L’ex sindaco di Assemini ha immediatamente ritirato la propria candidatura, decisa a fine luglio nelle ‘Regionarie’ on line celebratesi con notevole assenteismo e vinte con risultato non plebiscitario.
A parte il caso giudiziario e la scarsa cautela per un esponente politico ad alto rischio rispetto agli effetti della Legge Severino (prevede la sospensione dei condannati in primo grado per reati contro la Pubblica amministrazione), ciò che lascia davvero sconcertati è la sublime doppiezza dimostrata dall’arcipelago grillino nel reagire a questa notizia. Al netto di non pochi attivisti che già contestavano vivacemente Puddu, la maggior parte di quelli mainstream, solitamente abituati a invocare forca e galera per gli avversari politici inquisiti, e anche parecchi parlamentari (dai deputati Emanuela Corda e Pino Cabras all’eurodeputato siciliano Ignazio Corrao, ‘uomo forte’ del M5S a Strasburgo) si sono precipitati ad esprimere massima solidarietà e fiducia al loro ‘compagno‘, eroicamente caduto in un’aula giudiziaria. Tra queste esternazioni, le più ridicole sono state quelle che hanno elogiato il “senso di responsabilità” del candidato, trascurando gli effetti della Legge Severino ed il fatto che il codice etico del M5S precludeva comunque a Puddu di candidarsi.
Non è poi mancato chi ha enunciato teorie ‘complottiste’, secondo le quali Puddu sarebbe stato, in pratica, ‘fatto fuori’ per via giudiziaria per favorire i suoi avversari, in particolare quelli di sinistra (coi quali il grillino si sentiva in diretta competizione), con qualche spettacolare e contorta esternazione circa una pretesa disparità di trattamento nei confronti dell’ex sindaco di Assemini a fronte dell’assoluzione, per le note vicende del Teatro Lirico, del sindaco di Cagliari Massimo Zedda: peccato che lo stesso giudice che ha condannato Puddu avesse rinviato a giudizio il primo cittadino cagliaritano. Esternazioni ridicole e ipocrite, in considerazione del raccapricciante giustizialismo khomeinista che generalmente contraddistingue i grillini, adusi ad idolatrare la magistratura a prescindere dalla fondatezza delle sue valutazioni (e spesso a insultare chi tenta di interrogarsi al riguardo) e ad usufruire parassitariamente dell’effetto traino delle più eclatanti inchieste. Il fatto che sia il vicepremier Luigi Di Maio che il solitamente ciarliero presidente della Camera, Roberto Fico – alle cui posizioni comunisteggianti Puddu è da sempre allineato – abbiano mantenuto un imbarazzato silenzio è eloquente più di mille parole.
Questioni giudiziarie a parte, Puddu stava facendo una pessima e sempre più criticata campagna elettorale, e per il M5S potrebbe essere perfino vantaggioso doverlo sostituire, anche se i nomi che circolano al riguardo, come quelli dei consiglieri comunali di Sassari, Maurilio Murru e Desiré Manca, non paiono di pari ‘notorietà’ e ‘altezza’ dell’ex candidato che, quanto meno, a livello locale è sempre stato elettoralmente vittorioso, cosa non scontata per tutti i pentastellati.
In ogni caso, i grillini sardi hanno perso per sempre la loro verginità quanto a potersi avvantaggiare sugli altri al grido di “onestà, onestà” e con la doppiezza mostrata nel reagire alle vicissitudini giudiziarie di Puddu, a fronte degli esagitati atteggiamenti forcaioli d’uso quando analoghe vicende riguardano ‘gli altri’, non potranno usare contro nessuno l’argomento delle inchieste giudiziarie senza farsi ridere in faccia. E’ vero che l’abuso d’ufficio è un reato ben diverso dalla corruzione e dal peculato, ma è altrettanto vero che quando lo commettevano altri ci si metteva ben poco a dargli del “delinquente”.
Caesar
(admaioramedia.it)