Dopo la straripante vittoria del Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche del 4 marzo scorso, la costante che vede calare i loro consensi se le consultazioni si fanno più locali ha trovato due eclatanti conferme nel piccolo Molise, e nel Friuli Venezia-Giulia, regione la cui dimensione elettorale è più prossima a quella della Sardegna.
Se nel Molise, pur perdendo a favore del centrodestra, il candidato del M5S ha realizzato una discreta performance, nel Friuli Venezia-Giulia la situazione si è rivelata molto più imbarazzante, col candidato presidente piazzatosi intorno all’11% dei voti (e poco oltre il 7% come voto di lista) a fronte del 26% delle Politiche, finendo dietro sia al votatissimo candidato del centrodestra Massimiliano Fedriga, sia a un centrosinistra che ha tenuto. Se in Sardegna, forti del 42% delle Politiche, i grillini si fossero convinti di avere già in tasca la poltrona di governatore della Regione, forse dovrebbero fare più attentamente i propri conti, dato che da queste parti, in mancanza di riscontri diretti sul voto regionale (nel 2014 non si presentarono neanche, dilaniati dai dissapori interni), una simile tendenza si è rivelata in modo eclatante nelle elezioni comunali.
A parte i casi di alcuni Comuni colpiti da pesanti crisi industriali e vinti al ballottaggio (oltre ad Assemini, Carbonia e Porto Torres), il M5S si è generalmente posizionato intorno al 10% o anche meno. A Sestu, il movimento grillino, che già alle elezioni europee del 2014 aveva sfiorato la maggioranza assoluta (superata alle politiche) alle ultime comunali ha addirittura ottenuto meno del 20%, facendosi bellamente escludere dal ballottaggio. Le ultime scadenti prove locali del M5S sono state certamente condizionate dagli esasperanti tatticismi di Luigi Di Maio, che è apparso pronto a sostenere tutto e il contrario di tutto pur di andare al governo, e, con le inopinate avances al Partito democratico, ha finito per indisporre la parte più conservatrice dell’elettorato pentastellato, che di alleanze con quel che resta dei ‘komunisti’ (benché da tempo minoritari, tra tatticismi e settarismo, continuano a dettare la linea a sinistra) non vogliono neanche sentir parlare. Non sono certo più convinti i numerosi elettori di sinistra che hanno scelto il M5S per sfuggire a quell’inconfondibile ‘puzza di regime’ che si respira nella ‘stravecchia sinistra’, ormai socialmente isolata e radicata soltanto in talune corporazioni, in certi potentati economici e nelle redazioni di giornali sempre meno letti, e che ha negli Andrea Orlando, nei Michele Emiliano e nel fiancheggiatore democristiano Dario Franceschini, oltre che nei neocomunisti di Leu e in imbarazzanti mosche cocchiere tra ‘antifa’ e centri sociali, i più esemplari e meno graditi rappresentanti.
Se il movimento pentastellato non vorrà rimediare in Sardegna un’analoga magra figura, quale quella sperimentata nel FVG, o comunque un’amara delusione come quella molisana, sarebbe consigliabile per l’ormai ex sindaco di Assemini, Mario Puddu, o per chiunque sarà il candidato governatore del M5S alle elezioni regionali sarde, tenere la bussola del Movimento ben lontana dalla ‘sinistra di regime’, la cui imbarazzante vicinanza, se mette in fuga chi dei ‘komunisti’ non vuole manco sentir parlare, lascia perplesso anche chi, pur essendo di sinistra, aveva creduto di trovare nel movimento pentastellato un mezzo efficace e definitivo per sconfiggerla. Proprio il Sindaco di Assemini sa bene di aver vinto le elezioni perché i suoi concittadini, posti davanti a una scelta netta di cui una delle alternative era un esponente della ‘stravecchia sinistra’ locale, ebbero ben pochi dubbi e scelsero lui, giovane ingegnere agli esordi politici.
Caesar
(admaioramedia.it)