Un’iniziativa dell’Isre (Istituto regionale etnografico), “Il Nobel incontra i Nobel”, partita lo scorso 26 ottobre terminerà a Nuoro in questi giorni con un convegno dal titolo pomposo: “Oralità narrativa, cultura popolare e arte: Grazia Deledda e Dario Fo”.
Cosa abbiano in comune la credente e cattolicissima Grazia con l’anticlericalismo sguaiato e volgare di Dario, Dio solo lo sa. Ne è il caso di farsi ingannare dal cosiddetto concetto di cultura popolare. Per la Deledda, la cultura popolare è strettamente legata al popolo sardo, per usare la definizione del grande amico della scrittrice, il pittore Giuseppe Biasi: “La gente sarda scaturisce dall’incontro di tante antiche razze mediterranee… ne è venuta fuori una razza nobile e fiera di altissime capacità creative come testimonia l’austera e smagliante bellezza dell’arte popolare; una stirpe aristocratica, d’istinto non servile, anche nelle condizioni più disperate…”. Per Fo – ex repubblichino, ex rivoluzionario rosso ed ex grillino – popolo è tutto ciò che si oppone alle istituzioni, siano esse politiche che religiose, in una parola allo Stato, ma non alle istituzioni in astratto, bensì ai servitori delle stesse: vedi l’attacco feroce al commissario di Polizia, Luigi Calabresi. Siamo in presenza di un ‘giullare’ che recita secondo il copione della lotta di classe, solamente che ad applaudirlo non c’è il popolo, bensì l’alta borghesia milanese dei Feltrinelli e dei Crespi col contorno del mondo altrettanto borghese dei sessantottini.
Per Grazia Deledda, lo Stato italiano con le sue istituzioni ebbe una valenza etica in quanto suo dovere era elevare materialmente e spiritualmente il popolo. E lei contribuì a questa elevazione compilando, nel 1931, il sussidiario per gli alunni della terza elementare. Non è un mistero per nessuno che era ‘fascistissima’, ma non si servì mai del potere per i propri interessi, e, quando chiamò al telefono Mussolini, lo fece sempre per aiutare i suoi corregionali.
Ma gli organizzatori del convegno hanno tirato fuori la furbata: sono alla pari perché sono entrambi premio Nobel… Ma l’Accademia svedese in questo dopoguerra ha sempre adottato il criterio del politicamente corretto. Infatti, guai ai vinti della seconda guerra mondiale: Ezra Pound, Celine, solo per fare qualche esempio, pur essendo letterati di fama mondiale, non ottennero il Nobel per le loro idee politiche. Basta ricordare che è stato dato il premio per la Pace ad Obama. Ma c’è poi un altro piccolo particolare: Grazia Deledda, Nobel o no, è una scrittrice di fama mondiale e per l’80° anniversario della sua morte è stata celebrata in tutti i continenti; Dario Fo al di là della cerchia milanese e della vecchia sinistra intellettuale italiana, è pressoché sconosciuto.
Per far capire meglio, ecco le motivazioni del premio Nobel di entrambi. Grazia Deledda: “Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”. Dario Fo: “Per avere emulato i giullari del medioevo, flagellando l’autorità e sostenendo la dignità degli oppressi. Con un misto di serietà e riso ci apre gli occhi sugli abusi e le ingiustizie della società, aiutandoci a collocarli in una prospettiva storica più ampia”.
Angelo Abis
(admaioramedia.it)
2 Comments
Gianluca Terzilli
Forse ad Angelo Abis, sfugge che i testi di Dario Fo e Franca Rame sono stati rappresentati in 78 Paesi nel mondo, ed è oltretutto, l’autore teatrale italiano più rappresentato all’estero. Probabilmente Dario Fo è “pressoché sconosciuto” sopratutto a lei.
angelo
Quanto sono male informato! Pensavo che l’autore italiano più conosciuto e più rappresentato all’estero fosse Pirandello: evidentemente abbiamo fonti statistiche diverse.
Non raccolgo: essendo abbastanza anzianotto Dario Fo l’ho sorbito tutto in diretta televisiva, perché allora in Italia la rivoluzione era tutta finta, alla Dario Fo, alla Feltrinelli e ai vari leaderini del movimento studentesco appunto, con tanto di stampa, editoria, televisione, cinema e università al seguito.
Non è un caso che il convegno sia stato promosso da alcuni ex del Movimento studentesco che, rivoluzionari negli anni 70, sono poi diventati baroni universitari potentissimi tanto da avere l’avallo della Regione, del Ministero dei Beni culturali, Banco di Sardegna e vari gruppi imprenditoriali, L’Unione Sarda.
Tutta gente che lotta contro il potere e per il popolo, ovviamente!