E’ di questi giorni l’esplodere delle notizie sulla siccità, tema reso ancora più ‘caldo’ constatando che la penuria d’acqua questa volta colpisce anche le Regioni del nord più fortunate per quantità di risorse idriche nei bacini idrogeologici. L’argomento si ripropone ciclicamente e tutti si affannano a rilanciare il proprio modello.
Per chi è curioso di sapere chi sono questi ‘tutti’ bisogna ‘sondare’ e se ne trovano vari. I sostenitori del “bisogna stare sul pezzo”, che affannosamente rintracciano articoli e dichiarazioni datate per poi tirare fuori il coniglio dal cilindro, rappresentato dal rabdomante che indica la via maestra ovvero certifica il suo fiuto infallibile di ‘portata chilometrica’ per i circuiti sotterranei delle acque e dimostrando la lunga casistica di successi. Nulla di più simpatico e fantasioso: come se per l’epidemia di aviaria avessero intervistato il buon Rakum stregone dei Mohawk, amico di Zagor. Politologi di vario ordine e grado che ripropongono strategie basate su conoscenze che quando va bene sono datate e soprattutto rielaborate su dati interpretati da chi nella vita non ha mai studiato un fiume, una sorgente o un pozzo di presa di acque sotterranee. Inoltre, cittadini esperti, comitati, associazioni, che venerano il dogma dei cambiamenti globali del clima.
Mentre, ascoltare chi per anni, se non per decenni, ha studiato le acque superficiali e sotterranee ovvero i geologi applicati non sembra interessare. In effetti, chi proporne da anni di “uscire dalla logica dell’emergenza” serve a poco in un sistema codificato al senzionalismo di massa. I geologi applicati da anni sono impegnati in sforzi divulgativi e su temi di non secondaria importanza, come rischio idrogeologico, rischio sismico, rischio ambientale, propongono da sempre studi specifici; interventi strutturali sul territorio; valorizzazione e riorganizzazione delle strutture pubbliche; strategia di prevenzione mirate. Lo stesso approccio deve riguardare le risorse idriche superficiali e sotterranee, dove invece si procede con interventi di emergenza in fase di siccità, misura tampone che rischia di non avere risultati. Non è una novità, l’emergenza ha un costo pesante: secondo Coldiretti un danno di un miliardo di euro solo nel settore agricolo. Allora occorre prefigurare scenari d’intervento specifici e dare risposte concrete al problema, in alcuni frangenti realizzabili in tempi relativamente brevi e persino a basso costo.
Il numero di norme, mal coordinate tra loro, e di Enti che intervengono nella gestione della risorsa idrica genera confusione. Perciò, un riordino del settore con una norma regionale avrebbe un effetto immediato e sarebbe a costo zero; si pensi ad esempio all’economia di scala se si saltassero i passaggi burocratici che portano alle autorizzazioni e attingimenti per usi domestici e se fossero unicamente autocertificate dai geologi. E’ possibile quantificare a scala di bacino i prelievi, onde ridurre l’impatto delle derivazioni di acque (soprattutto quelle più preziose come le acque sotterranee). Ancora troppo spesso le opere di derivazione vengono eseguite, complice una normativa farraginosa, senza le necessarie buone regole per preservare l’ambiente idrogeologico o, addirittura, in ‘esproprio proletario’. Molte formazioni geologiche, quali ad esempio i massicci carsici, funzionano come immensi serbatoi naturali di acqua con regime stagionale poco influenzato da periodi di siccità. Conoscendo, gestendo, monitorando e, in alcuni casi, ricaricando questi serbatoi, possiamo disporre di un volano per far fronte alle emergenze Strettamente connesso al tema della perdita di qualità e quantità di risorsa idrica è quello della proliferazione dei prelievi in zona costiera, mentre in altre aree è messa a rischio da microinquinanti ed inquinamenti diffusi. Inoltre, completare le bonifiche in aree inquinate non solo porta ad un minor consumo di suolo, ma anche ad una minor pressione sulle acque sotterranee. Oggi migliaia di siti contaminati attendono di essere riqualificati, con benefici non solo sul suolo ma anche sulla qualità delle acque sotterranee. Infine, sarebbe importante promuovere il riuso delle acque depurate.
Come il buon padre di famiglia si premura di avere una riserva per far fronte ad una emergenza, così la gestione delle risorse idriche deve, in tempi di abbondanza, preparare le riserve per i periodi siccitosi. Un’analisi storica dei pluviometri rivela che i periodi siccitosi (precipitazioni annuali che si discostano dalla media, 700mm/anno, per valori compresi tra 40-50%) nel secolo scorso sono stati ogni 10 anni circa, con valori estremi come ad esempio i 150 mm/anno del 1945. Quest’ultimo dato rapportato all’evento alluvionale del 1951, ovvero 450 mm/giorno, dovrebbe far riflettere. Non si può mettere in campo una strategia senza un’analisi scientifica basata su dati aggiornati e puntuali, frutto di uno studio idrogeologico che potrebbe indicare che, se per alcune aree è ancora possibile pensare a bacini superficiali, per altre è il sottosuolo che deve fungere da riserva, la più naturale delle riserve d’acqua. La tecnologia dà la possibilità di disporre di metodi per trattenere le acque il più possibile all’interno del magazzino (formazioni geologiche), rallentandone il deflusso, mantenendo il deflusso vitale dei fiumi e favorendo la ricarica delle falde con un positivo effetto di rallentamento dell’abbassamento dei livelli delle falde nei periodi siccitosi.
In questi momenti ci si rende conto dell’esistenza di un nuovo ‘oro blu’, non inesauribile, ad alta vulnerabilità di cui è necessario preservarne anche la qualità. La risorsa idrica è sempre presente nel sottosuolo, ecco spiegati i grandi successi del club ‘amici di Zagor’, ma il problema idrogeologico consiste nell’individuare la profondità e la quantità delle acque sotterranee in funzione della destinazione d’uso e per questo rientra in campo lo ‘scomodo studioso’. Di questi tempi, occorre ricordare a chi è demandato il compito della programmazione e gestione dell’oro blu che è possibile utilizzare gli acquiferi e le falde in esso contenute come una banca dell’acqua che può essere gestita e ricaricata per poter poi nel tempo ‘sostenere’ quantitativamente e qualitativamente una risorsa per noi così preziosa.
Uranio238
(admaioramedia.it)