La Sardegna torna involontaria protagonista nel mistero della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Lo scorso anno si parlò del passaporto del professore di Aritzo ritrovato tra le macerie dopo l’attentato, senza aver mai appurato, per troppi silenzi e tanti ‘non ricordo’, come fosse finito nella sala d’aspetto della stazione bolognese. Ora, un libro appena approdato in libreria (“I misteri di Bologna”, scritto a quattro mani da Rosario Priore, uno dei magistrati più impegnati nelle indagini sul terrorismo, e da Valerio Cutonilli) racconta la storia di un cadavere scomparso. Quello di Maria Fresu, una 24enne di origine sarda, arrivata anni prima in provincia di Firenze, a Gricciano, frazione del piccolo comune di Montespertoli, al seguito di papà Salvatore che, con altri sette figli, si era trasferito in Toscana ad allevare le sue pecore negli ettari acquistati in quella zona.
Quella maledetta mattina del 2 agosto, l’operaia tessile sarda era partita per le vacanze al Lago di Garda con la figlia Angela, neanche 3 anni, e si trovava nella sala d’aspetto dove avvenne l’esplosione. Con loro anche due amiche, una morta insieme alla piccola Angela, mentre l’altra si salvò, nonostante le gravi ferite riportate. Di Maria, invece, nessuna traccia: “la donna non compare nell’elenco dei feriti, né in quello delle persone decedute”, scrivono gli autori. Eppure, l’amica superstite raccontò che al momento dell’esplosione erano tutte insieme. Ma, nonostante le ricerche dei giorni seguenti, Maria non venne più ritrovata, eppure “tra le macerie è stato ritrovato persino il documento dì identità, assieme alla valigia e a una giacchetta”.
Per l’opinione pubblica, il mancato ritrovamento di Maria fu giustificato con un lembo facciale che, nonostante la diversità di gruppo sanguigno, venne attribuito alla donna sarda e spiegato con un rarissimo fenomeno di carattere scientifico: la “secrezione paradossa”. Avendo escluso i periti che si possa essere disintegrata, resta comunque il mistero di dove sia finita la parte restante del cadavere. Peraltro, neanche le vittime nella zona più vicina all’esplosione hanno subito la disintegrazione del corpo e dalle indagini è emerso che le tre donne, insieme alla bambina, si trovavano ad oltre cinque metri dall’esplosione, cioè in una zona considerata oltre il limite di quella definita ‘mortale’ per gli effetti diretti della detonazione.
Nonostante la tesi non sia facilmente sostenibile sotto il profilo scientifico, l’ipotesi che il suo corpo si sia effettivamente disintegrato per cause ancora incomprensibili resta in piedi. Altrimenti, spiegazione gravissima che aprirebbe scenari finora inesplorati, mancherebbe all’appello un cadavere, avvallando la possibilità che la scena del crimine sia stata alterata da qualcuno, al fine di creare le giuste condizioni di inquinamento, tali da allontanare dalla verità sulla causa dell’esplosione. Ovviamente, come sottolineano Priore e Cutonilli, “Maria Fresu è con assoluta certezza una vittima innocente della strage di Bologna e merita giustizia”. Perciò, se il suo cadavere fosse veramente sparito ad opera di mani sconosciute si tratterebbe di ampio disegno di depistaggio, che peraltro ha costellato tutte le indagini nella ricerca della verità sulla strage di Bologna.
Fabio Meloni
(admaioramedia.it)
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FaberSardo
Il libro del magistrato Priore e di Valerio Cutonilli è un tassello importante nella ricerca della verità sulla… https://t.co/0iSNWRnmQy
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