Negli anni ’80, i 100mila ettari di sugherete sarde sviluppavano una florida industria con 170 aziende produttive, 4.000 posti di lavoro e almeno mille di indotto. Oggi le aziende si sono ridotte a dieci. I posti di lavoro 600. Il fatturato, storicizzato a oggi, è meno del 10% rispetto a 30 anni fa.
Il mercato mondiale è in mano ai portoghesi, più organizzati e strutturati, che hanno surclassato i sardi nonostante un sughero di qualità ben inferiore. Il fatto più grave, inoltre, è che, anche volendo, la sughericoltura sarda non potrà decollare più perché quei grandissimi artigiani, vano e onore del settore, non hanno lasciato eredi e oggi non ci sono più operai in grado di fare tappi di livello.
Le ragioni? Le solite. Ricerca quasi assente e lontana dalle aziende; politica che tutto fa fuorché ciò che deve; produttori incapaci di consorziarsi e fare sistema. Un’altra ricchezza andata in fumo.
Il Giardiniere
(admaioramedia.it)