Sarebbe proprio il momento giusto, per la politica sarda, di occuparsi di banche. Anche perché non c'è da nominare nessuno (non è rimasto libero neanche uno sgabello), ma da capire che tipo di sistema creditizio ci sarà nella Sardegna di domani.Il motivo è semplice. La Bper, che controlla Banco di Sardegna, Banca di Sassari e indirettamente la Fondazione, è la terza banca popolare italiana per patrimonio che dovrebbe cambiare pelle, cioè diventare contendibile e/o essere venduta, in base alla riforma annunciata dal governo. Non solo. Proprio il presidente della Bper, nella sua qualità di presidente dell'associazione di categoria di cui fanno parte le quasi ex popolari, è quello che sta guidando la rivolta degli istituti.
Sappiamo che il problema contiene qualche fastidiosa tecnicalità, ma le Istituzioni regionali dovrebbero occuparsene, non foss'altro perché, subito dopo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, se ne occuperà il Parlamento, eccome.
Le popolari, guidate dalla Bper, intanto chiedono tempo ed annunciano una controproposta di riforma più soft di quella immaginata da Renzi. A spanne, mettere banche italiane sul mercato in questo momento sembra una discreta cazzata perché l'Italia non è ancora uscita dalla recessione. Casomai, bisognerebbe riprendere il discorso a settembre quando si potrebbero misurare gli effetti sull'economia reale della montagna di danaro messa in circolo dalla Bce. Se la ripresa parte e le banche fanno finalmente il loro mestiere le stesse banche diventano più forti e acquistano valore. Vendere per vendere è meglio vendere al miglior prezzo.
Nel frattempo, la politica regionale dovrebbe cercare di darsi una strategia, se ne è capace. Cosa di cui è lecito dubitare.
SardoSono
(admaioramedia.it)