Prendendo in prestito la metafora Savoniana del ‘cigno nero’ si può dire che il Partito democratico sardo è stato letteralmente invaso dai cigni e niente sarà più come prima. Anche se prima, in effetti, il cigno è rimasto a cuccia perché aveva parecchio da mangiare.
Lo stesso Soru, facendo la parte del padre ‘buono’ del partito, cosa che non gli è mai riuscita benissimo, fa sempre filtrare dai suoi ragionamenti che potrebbe anche ritirarsi, non comunque senza aver lasciato il testimone in buone mani: quelle della pasionaria sassarese Dolores ‘Ibarruri’ Lai? . Dal padre buono al figlio buono, anche il presidente dell’Anci e sindaco di Bortigiadas, Emiliano Deiana, lancia alla truppe dem in rotta il messaggio in bottiglia di un altro Pd possibile, quello delle piccole comunità, del decentramento interno, di una forza politica inclusiva. Finora queste cose le ha in qualche modo predicate, salvo accettare mediazioni non proprio altissime in nome dell’unità di un organismo che proprio il Pd ha più volte terremotato, scaricandogli le peggiori pulsioni correntizie.
Chi non ha detto niente, dopo la famosa riunione al ‘corral’ di Abbasanta, è Emanuele Cani, segretario in pectore della eterna maggioranza Fadda-Cabras eccetera, il cui profilo, prima, durante e dopo l’accesissimo confronto interno, è sembrato piuttosto al di sotto delle parti. Se uno aspira a governare insomma, anche per interposta maggioranza, dovrebbe dare un messaggio, provare a darsi una linea, a trovare un po’ di consenso su qualcosa, a farsi venire un’idea. Macchè. L’ultimo duello sarà perciò all’ultimo sangue. E non è detto che qualcuno rimanga in piedi. Tranne il cigno nero.
SardoSono
(admaioramedia.it)