Ieri, dopo il corteo a Cagliari dei comitati per la “difesa della sanità pubblica” ed in particolare degli ospedali di Ghilarza, La Maddalena, Ozieri, Tempio, Iglesias, Lanusei, Isili, Muravera e Sorgono, una nutrita delegazione è stata ricevuta in Consiglio regionale dai capigruppo consiliari, insieme al presidente Ganau ed alla presenza dell’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru,
“Basta coi tagli alla sanità e stop ai disagi ed alla cancellazione dei servizi nei piccoli centri dell’Isola”, è stato il motivo ricorrente dei diversi interventi, che hanno rappresentato, a volte con toni crudi e ruvidi, le difficoltà e le penalizzazioni cui vanno incontro le comunità sarde per effetto delle novità introdotte con la istituzione della Asl unica, per effetto della riforma della rete ospedaliera e del servizio dell’emergenza-urgenza (Areus).
I portavoce dei comitati hanno lamentato carenze negli organici («mancano medici, infermieri, personale sanitario e amministrativo») e nelle forniture («non ci sono medicinali, garze, siringhe e persino le sacche per la diuresi sono di infima qualità») insieme con incongruenza gestionali («ad Iglesias per un semplice tamponamento si interviene con l’elisoccorso») e organizzative («chiudono i laboratori, tante sale operatorie non sono a norma, mentre si continuano a trasferire reparti senza alcuna logica»). Impietoso il giudizio sull’operato dell’assessore Arru: «Sta distruggendo la sanità sarda e insieme con il direttore dell’Ats continua a smantellare i presidi del sistema sanitario in tutti i territori dell’Isola».
Claudia Zuncheddu (Rete sarda a difesa della sanità pubblica) e Monia Piano (Comitato Cagliari) hanno evidenziato il “disastroso stato in cui versa l’ospedale Civile” e le incertezze che riguardano il futuro dell’ospedale Marino, del Santissima Trinità, dell’Oncologico e del Binaghi («sono stati mortificati persino i servizi per la sclerosi multipla»). «Dal Brotzu al Policlinico – ha detto Piano – si è assistito al trasferimento dei primariati e non dei servizi, come è avvenuto per quelli rivolti alle grandi ustioni che possono essere trattate però solo a Sassari».
«Alla Maddalena non ci si può ammalare e non si può nascere», ha incalzato Emanuela Cauli (comitato che occupa l’ospedale “Merlo”), che ha accusato l’assessore Arru di essere stato smentito dal dg Ats Moirano a proposito del mantenimento di strutture e reparti: «Ci è stato tolto anche il pediatra e non sono garantite neppure le visite agli anziani». «I medici – ha incalzato Marco Fenudi (Ozieri) – non vogliono più venire a lavorare nei piccoli centri della Sardegna perché sanno che hanno il futuro segnato». «La gente non si sente più sicura nei nostri paesi – hanno aggiunto i rappresentanti di Lanusei, Carla Lai, e Muravera, Lidia Todde – e si alimentata di disastroso fenomeno dello spopolamento, mentre gli hub sanitari di Cagliari e Sassari sono già al collasso». «Nel Mandrolisai nell’arco di vent’anni – ha aggiunto Adriano Urru (Sorgono) – si sono persi diecimila residenti e nel nostro ospedale non c’è neppure più un ortopedico, mentre un pezzo delle sale operatorie è già stato spostato all’ospedale di Nuoro».
«Rivisitare la rete chirurgica regionale è la necessità urgente – ha dichiarato Luigi Pisci (Isili) – perché contraddice il piano di riordino della rete ospedaliera e la paventata cessazione del servizio chirurgico nei piccoli ospedali preannuncia lo smantellamento, nei fatti, delle strutture sanitarie nei nostri territori». «Ad Iglesias avevamo tre ospedali – ha spiegato Rita Melis – ed oggi siamo ridotti ad avere dei semplici ambulatori che di altisonante hanno solo i nomi in inglese». Per Nicola Luciano, l’otorino e il punto nascita sono le maggiori preoccupazioni: «E’ necessario un futuro per l’ospedale di Tempio e più attenzione per la Gallura». (red)
(admaioramedia.it)