L’ultimo rapporto Svimez conferma il realismo con cui dobbiamo guardare i processi economici verificatisi in Sardegna negli ultimi anni: la grande crisi non è ancora superata.
I piccoli segnali di miglioramento, verificatisi in alcuni settori, non rappresentano purtroppo un’inversione di tendenza, un sostanziale cambiamento di rotta, che come Sindacato vorremmo misurare concretamente sul numero dei lavoratori occupati stabilmente a tempio pieno e non in occupazioni precarie, a tempo, stagionali, derivanti magari da una congiuntura favorevole, che riscontra però un tessuto economico, imprenditoriale e produttivo debolissimo e non in grado di recepire neanche le politiche di incentivo pure presenti.
Il tasso di disoccupazione annuale ne è lo specchio più evidente: nel 2017 ha superato di ben 5 punti quello registrato nel 2008 (12,2%). Si conferma intorno al 17% la disoccupazione maschile e femminile, mentre la disoccupazione giovanile (15-24 anni) è calata di 10 punti nel 2017 rispetto al 2016 (dal 56% al 46%), ma purtroppo è ancora molto lontana dalla media dell’Italia e della Unione europa. Il sistema produttivo continua ad arrancare: gli occupati in agricoltura sono diminuiti di quasi 4mila unità tra il 2016 e il 2017 e di 12mila unità rispetto al 2008. Il numero degli occupati nell’industria è salito di 3mila unità negli ultimi due anni, ma rispetto al 2008 ha lasciato per strada 16mila lavoratori. Il settore delle costruzioni in 10 anni ha perso 23mila lavoratori, recuperandone solamente una parte l’anno passato.
Il Pil pro-capite si colloca sempre stabilmente intorno al 60% rispetto a quello riferito alle regioni del centro-nord, a conferma del perdurare della emergenza nel Sud del paese, mentre anche il rapporto fra esportazioni ed importazioni in Sardegna continua ad evidenziare un segno negativo. Pertanto i piccoli segnali di miglioramento vanno corroborati da misure e interventi in grado di mettere in movimento un’economia asfittica come quella sarda, a partire dagli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali e un piano di investimenti dello Stato e della stessa Unione europea in tali ambiti, oltre che sulla formazione, sull’innovazione, il credito e la creazione d’impresa e quindi di lavoro. Occorre quindi più Stato e più Europa e una regione che con le sue istituzioni, la politica, le organizzazioni di rappresentanza, l’intera sua comunità si unisca in una forte e determinata rivendicazione per lo sviluppo il lavoro e la coesione sociale.
Una Sardegna, quindi, che rafforzi il suo rapporto con lo Stato e con l’Europa e una Regione che promuova una nuova stagione di riforme che punti alla semplificazione, all’efficienza ed efficacia della spesa, che promuova l’inclusione e la partecipazione delle comunità, delle organizzazioni di rappresentanza e, in definitiva, di tutti i Sardi alla vita delle istituzioni democratiche e a un progetto di futuro nel segno del lavoro e della coesione sociale.
Gavino Carta – Segretario generale Cisl
(admaioramedia.it)