Ho saputo del sequestro del formaggio rumeno dalla stampa toscana, prima che da quella locale. Telefonai subito ad un amico dirigente dell’Icqrf (lspettorato tutela qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che non sapeva nulla, cosi come all’Icqrf di Cagliari e Sassari. Già da subito, però, immaginai che il latte provenisse dal caseificio dei Fratelli Pinna di Timisoara, in Romania. Poi, ho letto che era destinato al loro stabilimento di Thiesi. A parte la dichiarazione del titolare che il latte rumeno è migliore di quello sardo, dichiarazioni che gridano vendetta se pronunciate da un sardo, ripete ancora una volta che non era un formaggio Dop e che non hanno mai importato latte rumeno in Sardegna… i nostri pastori ringraziano commossi.
In occasione della costruzione del loro caseificio in Romania, scrissi che le mie parole non sarebbero state tenute in considerazione, laddove appariva la pubblicità del Brigante. Scrissi allora, e ripeto oggi, che ci mancava altro che vendessero dalla Romania formaggi Dop sardi ottenuti da latte rumeno e bulgaro, ma chiesi perché quei formaggi venivano venduti con nomi italiani, invece che rumeni. Non era una domanda oziosa. Denunciai anche il fatto che quel caseificio in Romania era stato finanziato con i fondi del nostro Ministero dell’Agricoltura che poteva meglio investirli in Sardegna per aiutare i nostri pastori. Un altro fatto scandaloso era che, in quei tempi, Pinna era presidente del Consorzio di tutela del Pecorino sardo. Un difensore del nostro Dop che gli fa concorrenza con formaggi da lui prodotti in Romania, dove notoriamente il costo del lavoro e della materia prima sono notevolmente più bassi.
Leggo che la Coldiretti scende in piazza, con la solita sfilata di trattori e bandiere gialle, un’altra bella occasione di pubblicizzarsi davanti ai consumatori e per dare un contentino agli allevatori incazzati che versano ogni anno la quota per essere tutelati. Poiché il pecorino di Sardegna Dop certificato è meno del 10% della produzione totale, perché non convincono i produttori ad aumentare la quota del certificato e fanno capire che la Dop può dare un valore aggiunto che remunera i loro sacrifici, convincendo i consumatori a scegliere solo quello certificato? Tra l’altro, il Consorzio di tutela non ha nemmeno un ispettore che vada sul mercato a fare i controlli, cosi come fanno gli ispettori dei vari Parmigiano, Emmenthal, Caciocavallo, Fontina ecc. La questione del sequestro, a quanto pare, è stata superata, ma si poteva risolvere con una contravvenzione e la liberazione della merce. La mancanza di etichette, come riportato dalla stampa, non era un problema in quanto il formaggio era destinato ad un altro stabilimento e non al consumo. Era sufficiente una lettera di vettura con le caratteristiche del prodotto: formaggio di latte di pecora o pecorino da grattugia, per esempio.
Pero, il signor Pinna dovrebbe spiegare ai consumatori che non credono più alle favole, per quali motivi questa partita di formaggio, invece di essere esportata direttamente dalla Romania deve passare prima in Sardegna: forse per fargli prendere l’aria isolana? In vista del TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti), che il nostro Governo si appresta a firmare, dando la mazzata definitiva alla nostra agricoltura, credo che questi nostri ‘capitani coraggiosi’ siano quelli che avranno più da guadagnarci. Ho letto che alla Sella & Mosca ci sarà un convegno sui formaggi Dop con tutto il gotha dell’industria casearia. Cosa dirà la nostra Assessora dell’Agricoltura di questo fatto? Ci sarà anche il signor Pinna, quale maggior industriale dell’industria casearia sarda e rumena?
Romano Satolli – Unione Nazionale Consumatori Sardegna
(admaioramedia.it)
6 Comments
andnic61
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23piddu
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