Il Consiglio regionale ha approvato, a larghissima maggioranza, l’istituzione dell’ennesimo carrozzone burocratico: un ente che dovrebbe progettare, costruire e fare la manutenzione delle opere pubbliche in Sardegna.
Costo dell’ente 2 milioni di euro, ma questo è il meno. Pare che il personale sarà tratto dagli organici della Regione, personale che ovviamente opererà in base alla normativa regionale, quella stessa per la quale il tempo che intercorre tra la progettazione di un opera e la sua messa in cantiere è di ben cinque anni. Sfugge, poi, perché la Regione voglia un ente tutto suo quando per fare le stesse cose ha a disposizione il Provveditorato interregionale per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, che ha sede a Cagliari, dove si fa tutto per mettere in esecuzione le opere pubbliche commissionate dalla Regione. Se la Regione avesse voluto, magari giustamente, sottrarre proprie prerogative alla non certo agile burocrazia ministeriale romana, anziché creare un nuovo carrozzone, poteva richiedere indietro il Provveditorato alle Opere pubbliche della Sardegna, un efficientissimo ente, totalmente autonomo rispetto alla burocrazia nazionale, che aveva sede sempre nel Capoluogo.
Il Provveditorato creato nel 1925, unicamente per volontà dei Sardi, fu scippato alla Sardegna il 30 giugno 1945 per essere accorpato al Ministero dei Lavori pubblici. Nel 1924, la Sardegna aveva ottenuto la famosa “Legge del Miliardo“, somma da spendere in 10 anni per dotare l’Isola di quelle infrastrutture di cui era carente. Ma avuti i quattrini, il pericolo era che venissero affidati ai vari Ministeri che da Roma avrebbero agito a propria discrezione, senza che i Sardi ci potessero mettere becco. La cosa non piaceva alla dirigenza politica sarda del tempo, che si mosse per tempo per evitare questa sciagura. Chi si mosse per primo fu il potente gerarca fascista Paolo Pili, che così raccontò l’impresa: “Bisognava fare il Provveditorato alle Opere pubbliche della Sardegna in modo che quella ‘Legge del Miliardo’ avesse un ufficio separato dall’amministrazione dello Stato, che la facesse rispettare, la sua sede doveva essere a Cagliari e non a Roma… Allora avevo un amico carissimo, l’ingegnere Meloni, di Santulussurgiu che era ingegnere capo al Magistero delle Acque delle Tre Venezie. Mi aveva detto di andare da lui… ci andai per tre giorni e mi mise al corrente di come creare in Sardegna un ente autonomo per le opere pubbliche senza dover ricorrere sempre al Consiglio generale dei LL.PP., ed a tutti quegli uffici medi, grossi e grossissimi che non facevano altro che ritardare le pratiche, se non cancellarle del tutto. Ne parlai subito con Mussolini, il quale si disse favorevole ma aggiunse anche che Giuriati (Giovanni Giuriati, ministro dei Lavori Pubblici nel 1925, nda) si sarebbe opposto… Ad ogni modo mi consigliò di andarci e di dirgli di recarsi da me con lui. Lo feci e Giuriati, da prima mi investì come una bestia: ‘Ecco sta ripullulando il separatismo!’ Gli risposi che non ero andato da lui per sentire queste stupidaggini. Proprio lui, che era molto unitario, assieme a tutti i suoi conterranei aveva il Magistero delle Acque; erano dunque separatisti? ‘Ah, quello non si tocca!’ Gli risposi: ‘Allora sei anche austriacante, perché quello era un rimasuglio degli Asburgo’. Perché a noi non si voleva concedere quell’ente visto che per giunta eravamo un isola e che, quando non si riconoscevano i nostri speciali diritti, cadevamo nella più assoluta miseria? Si era ormai rabbonito e gli proposi di telefonare a Mussolini che ci concesse subito udienza. Andammo in auto a Palazzo Chigi e Mussolini ci diede la risposta positiva che conoscevo già”.
Il 7 luglio 1925, con Regio decreto numero 1173, venne istituito con carattere temporaneo, sino al 30 giugno 1936, il Provveditorato alle Opere per le province di Cagliari e Sassari. Il Provveditorato creato per la Sardegna proseguì la sua attività fino al 30 giugno 1945. l’Ente divenne operativo nel 1926 e provvide non solo al finanziamento di tutte le opere pubbliche di competenza statale, ma finanziò, progettò ed eseguì tutte le opere pubbliche richieste dai Comuni e dalle Province, previo rimborso in 30 anni delle somme anticipate, da pagare dall’anno successivo del completamento dell’opera, ovvero praticamente gratis. Nel 1934, l’ingegnere Eugenio Marino, dirigente del Provveditorato, pubblicava un’ampia relazione sull’attività dell’ente, rimarcando i non pochi poteri di cui era titolare: “Per effetto della legge istitutiva furono attribuiti al Provveditorato non solo i servizi riguardanti il Ministero dei Lavori pubblici (che allora comprendeva anche le bonifiche), ma gli furono pure attribuiti i servizi di competenza dell’allora Ministero dell’Economia nazionale relativi alle irrigazioni, alla sistemazione idraulica forestale dei bacini montani, al bonificamento agrario… I servizi del Ministero dell’Interno (allora la sanità pubblica era di competenza del Ministero dell’Interno, nda) diretti ad agevolare le provviste di acqua potabile, la costruzione di ospedali, cimiteri, locali di isolamento, fognature ed altre opere igieniche, e i servizi dipendenti dal Ministero dell’Educazione nazionale, diretti a facilitare la costruzione di edifici scolastici… Il Piano regolatore delle opere per la Sardegna fu apprestato con ammirevole rapidità in meno di sei mesi assegnati dalla legge per l’espletamento del compito…”. Questa la tabella dei lavori ultimati e di quelli in corso d’opera, coi relativi costi, tra il 1926 ed il 1933, pubblicata dal Provveditorato.
Un episodio che potrebbe servire da monito al presidente Pigliaru ed a tutti i consiglieri regionali: studiate la storia della Sardegna, oltre ad un arricchimento culturale personale, troverete spunti interessanti, che vi permetteranno di operare per il meglio, a favore dell’Isola e dei Sardi.
Angelo Abis (nella foto, la sede che fu del Provveditorato alle Opere pubbliche della Sardegna, in piazza del Carmine a Cagliari, attualmente sede del Tar)
(admaioramedia.it)