Non so da quanto tempo non scendevo in piazza a manifestare , ma oggi l’ho fatto con consapevolezza e determinazione per portare la mia vicinanza ai fratelli pastori sardi. Io donna di mezza età, con qualche acciacco sulle spalle, sono scesa in strada e non ero sola.
Tra i bidoni di latte appoggiati sull’asfalto c’erano tante donne come me, alcune vestite in costume, come è usanza dei piccoli centri dell’entroterra sardo, che sostavano vicino a giovani scolaresche allegre e vocianti. C’erano mamme con carrozzine e tanta gente comune che identificare per appartenenza a categorie lavorative sarebbe impossibile.
Ma c’era un filo comune che ci univa su quel tratto di strada a quattro corsie e che taglia il Logudoro in due parti: un bianco fiume di latte venuto giù a cascata dal viadotto centrale e la consapevolezza che se stiamo uniti possiamo vincere tutte le battaglie. Così all’improvviso oltre 10.000 litri di latte e sudore hanno colorato la nera striscia d’asfalto più importante del nord Sardegna, mentre sentimenti contrastanti solcavano i visi dei pastori intenti a rovesciarlo. C’era chi gridava tutta l’amarezza di cui era capace e c’era chi rideva sbeffeggiando gli industriali, ma c’era anche chi compiva quel gesto in silenzio e con le lacrime che riempivano gli occhi.
Poi, al termine di questo rito ormai collettivo, ho visto lui, meraviglioso piccolo uomo di un paio d’anni con ‘sa lamitta’ ben stretta nelle mani, ad emulare il gesto degli adulti. Figlio di pastore e forse anche lui con quel destino già segnato nella vita come il padre, nelle placide e un tempo ricche campagne ozieresi. Non ho chiesto il suo nome, ma so per certo che tutti gli uomini e le donne che stamane erano su quella strada hanno pensato per un attimo a lui e che anche per quel piccolo bambino dovessero dimostrare di essere forti e uniti come sa esserlo il popolo sardo.
Biancamaria Balata
(admaioramedia.it)