Flessibilità è una modalità di lavoro scelta dal lavoratore in un periodo di abbondanza. La precarietà, invece, è una modalità di vita lavorativa subita dal lavoratore in un periodo di crisi.
La generale difficoltà delle imprese, che porta alla disoccupazione o al precariato, stanno suscitando, da troppo tempo, un malessere sociale, divenuto ormai intollerabile, che determina un costo severo sulla salute e sulla vita dei Sardi. È una crisi che chiama in discussione il ruolo e le responsabilità di chi ha governato in questi anni, e che sollecitano la nuova politica, che si propone di governare, ad approcci diversi, non tradizionali, che devono con urgenza dare attenzione, voce e soluzioni concrete alle necessità sempre più stringenti di quei giovani disoccupati che non hanno mai lavorato, di chi ha perduto il lavoro e dei precari vittime della instabilità lavorativa.
Da troppi anni l’Amministrazione regionale ha rinunciato a mettere in campo politiche attive del lavoro, cioè a impiegare risorse per creare nuove opportunità di lavoro e politiche di riqualificazione; da troppo tempo l’Assessorato del Lavoro si è trasformato in ‘assessorato ai sussidi’, con ciò facendo pesare la crisi, aggravandola, su tutti i contribuenti sardi. Le crisi economiche mettono in evidenza la inefficienza delle politiche del lavoro: quanto più queste sono deboli, tanto più fragile è il sistema delle imprese, e con esse il mondo del lavoro. Ciò ha comportato che la spesa per ammortizzatori, sussidi e non lavoro è esplosa all’81%, mentre quella delle politiche attive, l’unica che può creare lavoro, è scesa al 19%.
È urgente che i primi interventi della nuova Amministrazione regionale siano volti ad individuare le priorità da attuare per far ripartire l’impresa e con essa l’occupazione, nel contempo valutare ogni iniziativa in grado di aiutare le persone con appositi programmi di ricollocazione professionale, e questo finora la Regione non lo ha fatto. Accanto alla flessibilità nel singolo rapporto vanno rafforzate le sicurezze di un mercato del lavoro più inclusivo, cioè più efficiente, trasparente, ricco di servizi che possano non lasciare solo chi è alla ricerca di lavoro. Per questo occorre reperire risorse: accanto a quelle del Fondo sociale europeo ci dovranno essere gli stanziamenti che l’Amministrazione regionale può mettere a disposizione anche e soprattutto razionalizzando le voci di spesa inefficienti. Maggiore impegno si dovrà mettere per riqualificare e rafforzare i Centri per l’impiego che, per inefficienza, o volontà politico-amministrativa, paradossalmente fanno rimpiangere i vecchi uffici di collocamento. Attualmente solo 3 disoccupati su 100 trovano lavoro attraverso questi organismi. È altrettanto importante diffondere una sana competizione tra centri pubblici e operatori privati.
I Sardi stanno pagando il fallimento di una politica del lavoro pigra e superficiale, che ha dilapidato risorse, il cui unico risultato è stato, obiettivamente, quello di favorire lo status quo. Se tutti i soldi spesi in questi anni in sussidi fossero stati consegnati ad ogni singolo disoccupato sarebbero stati sufficienti a finanziare una seria formazione, un tetto e una nuova attività economica a ciascuno di loro. Occorre invertire la rotta. Occorre che la nuova politica inverta la rotta della spesa tra le politiche attive e quelle passive. È il serpente che si morde la coda. Non è più sostenibile un sistema che tiene per 7 o 10 anni lavoratori lontani dal posto di lavoro, con il sussidio della Cassa integrazione in deroga per aziende che non esistono più. È necessario attuare un sistema che favorisca la buona occupazione e premi le imprese virtuose alleggerendone il peso fiscale: meno tasse sul lavoro, più occupazione. La migliore politica attiva per il lavoro è quella che lega il sostegno al reddito, alla effettiva disponibilità della persona disoccupata nella ricerca di una nuova occupazione. Non possiamo attribuire la esclusiva responsabilità di questa cattiva politica alla Giunta del Partito democratico e del professor Pigliaru, ma è certo che l’Amministrazione regionale uscente, colpevolmente, non ha fatto nulla per cambiare rotta, e non ci ha neppure provato.
Gabriele Marini
(sardegna.admaioramedia.it)