Il riferimento ai pozzi avvelenati non è una boutade, bensì una delle frasi, e neanche delle più cattive pubblicate dal quotidiano “La Repubblica” contro Paolo Savona. Nel maggio scorso, al momento della costituzione del Governo Salvini-Di Maio destò stupore il nutrito fuoco di sbarramento che accompagnò la tentata designazione dell’economista come ministro delle Finanze, tanto che poi fu nominato ministro per gli Affari europei.
Innanzitutto, chi è Paolo Savona? E’ nato a Cagliari l’8 ottobre 1936. Dopo essersi laureato, col massimo dei voti, in Economia e commercio nell’Università di Cagliari nel 1961, iniziò la sua carriera presso il Centro studi della Banca D’Italia, divenendone il direttore. Si specializzò in economia monetaria ed econometria presso il Massachusetts Institute of Technology, considerata la migliore università del mondo, collaborando col premio Nobel Franco Modigliani. Nel frattempo, anche attività di ricerca presso la Federal Reserve, banca centrale degli Stati Uniti d’America. Nel 1976, intraprese la carriera di insegnante universitario nell’Ateneo di Cagliari e successivamente alla Pro Deo, che successivamente si chiamò Luiss. Guido Carli, suo grande amico, quando divenne presidente di Confindustria, gli offrì il ruolo di direttore generale, carica che mantenne fino al 1980. Dopo le sue esperienze alla Banca d’Italia ed in Confindustria, Savona decise di cimentarsi anche in politica: dal 1993 al 1994, fu ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato nel governo Ciampi, mentre nel biennio 2005/06 fu a capo del Dipartimento delle Politiche comunitarie durante il terzo mandato di Silvio Berlusconi. Tra i tanti ruoli ricoperti nella sua carriera è stato dal 2000 al 2005 consigliere di amministrazione di Rds e Tim Italia. Per quasi un decennio, negli anni ’80 fu anche presidente del Credito industriale sardo (Cis).

Paolo Savona (Ministro per gli Affari europei)
A questo spettacolare curriculum, Savona aggiunge un dato di merito che è al contempo genetico e culturale: è sardo e non tanto perché è nato nell’Isola, ma in quanto sprizza ‘sardità’ da tutti i pori. Un linguaggio scarno e concreto, un presentarsi come uomo semplice, che si pone sempre sullo stesso piano del suo interlocutore, a prescindere dal suo stato sociale e del suo rango intellettuale o politico: E’ sprezzante solo chi insinua dubbi sulla sua onestà intellettuale e morale: ‘te lo dice Savona, e questo deve bastare’. Ma se questa è, diciamo così, la ‘sardità’ innata, altrettanto presente è una ‘sardità’ esibita con orgoglio come dato di deterrenza nei confronti di certi suoi avversari. Riesce difficile capire come mai lobby, poteri più o meno occulti e addirittura Stati si siano mobilitati contro un uomo che di potere ha solo quello che gli deriva dalla sua intelligenza e dal suo sapere. Per capire bisogna andare un po’ indietro nel tempo. Sin dal 1992, Savona ha espresso forti riserve sul trattato di Maastricht, visto nel suo complesso come una serie di imposizioni che non hanno nulla di razionale e di scientifico tese a subordinare la politica economica nazionale agli interessi della Germania, vista da Savona come l’eterno amico-nemico: «La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l’idea di imporla militarmente. Per tre volte l’Italia ha subito il fascino della cultura tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la Triplice alleanza del 1882, il Patto d’acciaio del 1939 e l’Unione europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta. Possibile che non impariamo mai dagli errori?».
Non parliamo poi del famoso ‘piano B’, interpretato da tutti come il desiderio di abbandonare l’euro. Fintanto che queste idee erano ritenute patrimonio di un vecchio, anche se prestigioso economista, nulla quaestio, ma appena questa concezione economica e il suo ideatore divennero l’arma decisiva con cui il duo Di Maio-Salvini intendevano contrastare la politica europea furono dolori. I primi a insorgere furono i tedeschi. Il quotidiano di Francoforte “Frankfurter allegemaine zeitung” ha scritto: “L’Italia vuole un nemico della Germania al governo”. Seguono a ruota gli italiani, il 22 agosto “La Repubblica” con un pezzo intitolato “Vieni avanti Cremlino”: “Paolo Savona, attualmente ministro contro le politiche europee, ha finalmente disvelato la raffinata strategia cui l’Italia si voterà una volta usciti dalla moneta unica: farci invadere dalla Russia“. Il 7 ottobre, Eugenio Scalfari arriva ad insultarlo: “Il peggio del peggio, vuole fare saltare in aria l’Italia“. La risposta di Savona non si fece attendere ed è tutta sarda: il 9 ottobre, parlando alla stampa estera, all’accusa di essere “un inquinatore di pozzi” replicava: “Ho la pelle dura, da buon sardo abituato negli ovili”. Sottintendendo che la ‘filosofia’ dell’ovile non contempla la paura, ne, tanto meno, il porgere l’altra guancia.
Il finale sta svolgendosi sotto i nostri occhi: Savona, diventato il vero artefice della politica economica del governo, si muove come un carro armato, tetragono a tutti gli allarmismi, ironico verso le Cassandre nostrane che si strappano le vesti per qualche decimale di deficit in più. Snobba le autorità europee tacciate di incompetenza e miopia, dimostra conti alla mano che la manovra finanziaria, seria ed accorta, proprio perché fatta in deficit non solo promuoverà crescita in termini di investimenti e di occupazione, ma sopratutto darà maggior benessere a milioni di cittadini distrutti da un decennio di politiche fatte di tagli alla spesa pubblica, di tassazioni eccessive, di fallimenti bancari. Siamo in buone mani e, come ha detto parlando alla commissioni della Camera e del Senato: “Il meridione è arretrato economicamente rispetto al nord, ma non certo culturalmente, visto che io provengo da una regione del sud”.
Angelo Abis
(admaioramedia.it)