Il 25 luglio ci ha lasciati uno dei più grandi gentiluomini e sportivi sardi: Paolo Ragugno. Cagliaritano d’adozione, olimpionico, atleta poliedrico in varie discipline oltre quella in cui eccelse, l’equitazione, non soltanto quale ottimo cavaliere ma viepiù, cosa rarissima, quale ‘uomo di cavalli’.
Frequentò la celeberrima Accademia militare di Modena, ricordando, solo per citare una piccolissima parte di più d’un migliaio fra gare d’atletica e concorsi ippici, l’acerba vittoria ai Littoriali di Torino ed un terzo posto a Cagliari all’ippodromo del Poetto davanti al principe ereditario Umberto di Savoia. Partecipò nel 1955 al ‘completo’ di Windsor e vestito d’un frac tagliato nientemeno che dal celebre sarto Caraceni ed ai suoi ridenti occhi azzurri e al suo ammaliante sorriso nemmeno la giovane Elisabetta II potè resistere: i due danzarono un interminabile valzer al successivo Galá tenutosi a Buckingham Palace.
Si dimostrò inoltre eccellente studente in giurisprudenza e sarebbe arrivato sicuramente alla docenza, se non avesse incontrato al Lido l’amore della vita e come in una favola visse settant’anni con la sua Margherita, divenendo dopo il matrimonio dapprima funzionario al Ministero dell’Aeronautica e finalmente dirigente nella Vinalcool, ove profuse indefesso lavoro e sagacia manageriale.
Lo conobbi personalmente oramai in età avanzata per motivi professionali e con grande riverenza, da amante dei cavalli, ebbi l’onore immenso di potergli stringere la mano. “Dottor Racugno “, emozionatissimo dissi, “finalmente la conosco” e Lui di rimando “Chiamami Paolo”. Gli parlai allora con entusiasmo e getto adolescenziali ricordando il primo mio maestro d’equitazione il maresciallo Nicolino Madau, nostro comune amico deceduto tragicamente e prematuramente, sul perché le nostre vite non si fossero incrociate anni prima all’Ippodromo agli inizi degli ’80, quando Lui ebbe spento il suo sogno – da taluni omuncoli che ahimè a sua differenza praticano quale sport d’elezione la politica – di far decollare finalmente il bell’addormentato del Poetto.
Era un gentiluomo vero, forse l’ultimo sopravvissuto di quella mitica età dell’oro che fu la Cagliari prebellica, incenerita poi dai bombardamenti dei quali conservava un nitidissimo e doloroso ricordo, della quale Paolo era tanto forse un inconsapevole fantasma quanto la Città odierna un consapevole vuoto simulacro. Ci sentimmo per l’ultima volta telefonicamente in occasione delle festività natalizie un tardo pomeriggio del 30 gennaio scorso: mi voleva ringraziare della affettuosa testimonianza da me lasciata sul suo sito web che personalmente curava.
Maurizio Muscas
(admaioramedia.it)