Il 2018 per la vicenda del Moby Prince, e di conseguenza per noi familiari delle vittime, è stato un anno importante. Dopo quasi tre decenni dal quel maledetto 10 aprile, la verità cristallizzata delle aule dei tribunali si è frantumata grazie alla conclusione della Commissione parlamentare di inchiesta, chiusasi con la precedente legislatura.
Il 22 gennaio scorso in un’aula del Senato della Repubblica Italiana, gremita di familiari delle vittime e di giornalisti, la relazione conclusiva letta da Silvio Lai, ex senatore e presidente, ha completamente ribaltato le verità processuali. Non più nebbia come principale causa della collisione e giustificazione del caos dei soccorsi coordinati dalla Capitaneria di Porto di Livorno. Non più morte repentina dei nostri cari in 20-30 minuti, ma ore di tremenda agonia in attesa di soccorsi mai arrivati, aspetto che crea in noi familiari una rabbia infinita. Una turbativa nella navigazione del traghetto e non distrazione e superficialità del comandante Ugo Chessa. Posizione della petroliera in zona interdetta all’ancoraggio e alla navigazione, strani accordi delle assicurazione delle due compagnie di navigazione. Un nuovo puzzle costruito in due anni di lavoro e che potrebbe consentire di riaprire una nuova inchiesta.
Il 2018 lo possiamo considerare un anno importante anche per il recente incontro che come familiari delle vittime abbiamo avuto con il procuratore capo della Procura di Livorno, Ettore Squillace Greco, e con la sostituta, Sabrina Carmazzi. Nel passato noi familiari delle vittime siamo stati molto critici e duri con la Procura di Livorno, ma la Procura è fatta di donne e uomini e noi siamo delusi e arrabbiati con chi a suo tempo non ha appagato la nostra sete di giustizia e ha messo una pietra tombale sulla ricerca della verità. Dall’incontro con Squillace Greco, che fa parte del nuovo corso della Procura di Livorno e che nulla ha a che fare con il passato, si percepisce la sua voglia di capire e agire, se dagli atti della Commissione parlamentare di inchiesta si prefigurano delle ipotesi di reato ancora perseguibili.
Ben venga il 2019, un anno pieno di speranze per vicenda del Moby Prince che ha distrutto la vita di 140 persone, ma che ha anche segnato quella di noi familiari, donne e uomini comuni, cittadini italiani, che chiedono ‘semplicemente’ di sapere perché una tranquilla e limpida notte di primavera si sia trasformata in una carneficina. Un augurio di buon anno a tutti, nella speranza che si chiuda una volta per tutte una ferita aperta che ha martoriato il senso della democrazia del nostro Paese.
Luchino Chessa – Associazione 10 aprile familiari vittime Moby Prince
(admaioramedia.it)