Per il rilascio dei quattro tecnici della Bonatti (ditta di Parma impiegata nella costruzione di impianti petroliferi per conto dell’Eni) rapiti in Libia poco più di un anno fa, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, l’Italia avrebbe pagato un riscatto di tredici milioni di euro, negoziando direttamente con le milizie e le tribù locali di Sabratha. Soldi finiti poi in parte alle bande criminali legate agli scafisti locali ed in parte agli jihadisti dell’Isis. E’ l’accusa dei servizi segreti di Tripoli al Governo italiano, che a suo tempo, per bocca del ministro degli Esteri Gentiloni, aveva smentito qualsiasi pagamento.
Il rapimento si concluse con la liberazione di solo due operai (Gino Pollicardo e Filippo Calcagno), mentre Fausto Piano, 61enne di Capoterra, e Salvatore Failla furono uccisi durante un conflitto a fuoco. Parte del riscatto, 500mila euro in contanti, sarebbero stati trovati nella casa della moglie di Al Muaz Ben Abdelkader al Fezzani, ricercato anche dalla polizia italiana per le sue attività eversive nel Milanese e in Europa. L’accusa degli 007 libici, pubblicata dal quotidiano milanese, è molto grave: “Se avessimo lavorato assieme agli agenti italiani, compresi gli investigatori dell’Eni, probabilmente saremmo arrivati a recuperare vivi tutti i tecnici senza pagare il riscatto, evitando così di finire per finanziare il terrorismo dell’Isis”. (red)
(admaioramedia.it)
4 Comments
Piero Pisano
Piero Pisano liked this on Facebook.
Giancarlo Saba
Giancarlo Saba liked this on Facebook.
Renato Derudas
Renato Derudas liked this on Facebook.
Stefano Angioi
Stefano Angioi liked this on Facebook.