Quando sono scaduti i 75 minuti di tempo e in 3mila abbiamo sollevato in alto le mani con i pennarelli, più che al concorsone Rai per giornalisti professionisti sembrava di essere alle eliminatorie di Masterchef.
Come a Giochi senza frontiere per un’ora e un quarto abbiamo sfidato il tempo cercando di capire cosa diavolo fosse un Ott, ci siamo barcamenati tra frame, Guccini, Giotto e Pepe Mujica, abbiamo fatto slalom tra lo sceneggiatore di House of Cards e il fondatore di Twitter, ci siamo persi tra cancellieri tedeschi, politici inglesi, candidati indiani e capi di stato egiziani. Poi, improvvisamente big ben ha detto stop e trafelati abbiamo dovuto consegnare la scheda con i codici a barre.
La prima fase del talent dei giornalisti Rai arrivati a Bastia Umbra, a due passi dalla Porziuncola, si è consumata nel giro di una manciata di ore. Quasi tremila professionisti dell’informazione di ogni foggia e provenienza hanno invaso festanti Assisi e dintorni per partecipare al casting della Rai. La sera del 30 giugno nelle tavolate dei ristoranti di Santa Maria degli Angeli e Perugia non si sentiva parlare che di giornali, deontologia, storia del giornalismo e leggi sul servizio pubblico radiotelevisivo. In effetti dal 9 giugno, quando in circa 5mila professionisti abbiamo inaspettatamente ricevuto la convocazione via mail è salita la febbre per il concorsone Rai. Roba da Carramba, che sorpresa, visto che era passato più di un anno dalla presentazione della domanda. Molti colleghi, grosso modo un terzo, hanno rinunciato alla selezione. Ma per tanti altri partecipare al concorsone Rai, il primo dopo tanti anni bandito senza alcun limite di età e accessibile anche a chi non aveva preso centodieci e lode alla laurea, è stata quasi una questione di principio. Per un giornalista professionista che si è conquistato con una fatica bestiale quel tesserino marrone con tanti bollini dentro scrivendo centinaia di migliaia di pezzi spesso sottopagati, partecipare al concorsone Rai almeno una volta nella sua onorata carriera è stato un atto dovuto, quasi un dovere morale. Un obbligo. Bisognava esserci, non foss’altro per assistere a un evento epocale per la nostra informazione malandata. Bisognava esserci a tutti i costi e provarci, anche senza avere mai fatto un servizio in tv o in radio e avendo una faccia, un fisico e un’età che difficilmente si addicono a un mezzobusto televisivo di successo.
Vuoi per lo scarso preavviso, vuoi per la tensione che ha inziato da subito a salire, appena si è saputo del quizzone si è scatenata su Facebook una vera e propria gara di solidarietà tra colleghi. E’ nato con grande successo il forum di discussione per i giornalisti del concorsone Rai dove tanti colleghi hanno postato testi di giornalismo e quiz di varia natura. Chi più chi meno, in questi venti giorni tutti abbiamo finito per ripassare almeno un po’ di deontologia professionale rivedere gli articoli di un contratto collettivo giornalistico che per molti di noi rimarrà un miraggio. Precari a vita, abbiamo rispolverato nottetempo la Costituzione Italiana, quel libretto che parla di eguaglianza, pari opportunità e che dice, in teoria, che l’Italia sarebbe una Repubblica fondata sul lavoro. E che all’articolo 21 racconta quanto è bella la libertà di stampa. Abbiamo ripassato come bravi studenti gli argomenti studiati anni fa all’esame di Stato, sperando di far parte della crema del giornalismo che sarebbe stata scelta dalla Rai. Mamma Rai, lo ha detto chiaramente il capo del personale prima che il grande cronometro appeso al muro partisse inesorabilmente, in questi mesi ha infatti intenzione di selezionare il meglio, la crema di quel gruppo variegato di giornalisti approdato il primo luglio a Bastia Umbra.
Il resto è cronaca. Non so se il test che ci è stato somministrato durante il concorsone Rai sia stato effettivamente in grado di fare una prima scrematura dei giornalisti adatti alla tv di Stato. Di distinguere un buon giornalista da un cattivo giornalista. La cosa sicura è che le polemiche e la delusione non sono mancate. Appena si sono conosciuti gli esiti della prima fase del concorsone Rai è immediatamente terminata anche la fiction su Facebook che vedeva i giornalisti come una categoria estremamente solidale e altruista. Nei commenti pieni di delusione e in certe discussioni piene di acredine e di livore, così come nei resoconti pubblicati da giornali e blog, la solidarietà tra colleghi è svanita e ha fatto nuovamente capolino la solita categoria individualista e piena di sé.
Eppure al di là delle polemiche e della comprensibile delusione di chi non è stato ammesso alla seconda manche, magari professionisti con una importante esperienza giornalistica in tv alle spalle, il concorsone Rai è stato una esperienza positiva anche per chi è stato eliminato dal casting. Sicuramente la cultura di una persona va ben al di là del nozionismo da Rischiatutto che era richiesto nella prima prova, ma per rispondere bene a quel test erano necessari anche una buona dose di lucidità e sangue freddo, doti che effettivamente un buon giornalista televisivo deve avere. Perciò non c’è nulla da recriminare. Onore a chi è riuscito a passare la prova e che sarà protagonista della seconda parte del casting della Rai, dunque. Per tutti gli altri: sei fuori, direbbe Briatore (ma in un altro canale televisivo).
Non credo però che la crema del giornalismo italiano sia rappresentata solo da chi (io non sono tra quelli) è riuscito a rispondere alla maggior parte delle domande del test, magari sapendo alla perfezione quali sono stati gli effetti delle politiche fiscali di Quintino Sella. Continuo a pensare che la crema del giornalismo italiano siano soprattutto quei colleghi che, nonostante tanti ceffoni presi nella loro carriera, hanno scelto di partecipare al concorsone Rai perché, nell’Italia del malaffare, della corruzione e delle raccomandazioni, credono ancora che una selezione pubblica possa essere pulita e trasparente. Parlo delle mamme che si sono portate a Bastia Umbra i bambini perché non sapevano a chi lasciarli, parlo dei padri di famiglia che magari il contratto a tempo indeterminato lo avevano, ma lo hanno perso perché la testata dove lavoravano li ha lasciati per strada. E che, tornando a casa, hanno avuto difficoltà a trovare le parole per dire al figlio che purtroppo per papà anche il concorsone Rai è andato male. Parlo dei tanti precari che hanno visto la selezione della Rai come il materializzarsi di un sogno. Perché, non prendiamoci in giro, è vero che i cento posti in palio sono a tempo determinato, ma è anche vero che la Rai i precari prima o poi li assume. Non è come quei quotidiani, anche locali, che tolgono fino all’ultima goccia di sangue ai loro collaboratori, ma poi quando c’è da fare qualche assunzione chissà perché spunta fuori qualche raccomandato che sorpassa tutti in curva.
Come alla Prova del cuoco, il concorsone Rai produrrà quella che per il servizio pubblico è la crema del giornalismo televisivo italiano. Chissà se gli ammessi al casting Saranno Famosi. Sicuramente per arrivare fino alla fine si dovranno dare battaglia nelle prove pratiche che si svolgeranno nei prossimi mesi, prove che rischiano di essere proibitive per chi non ha mai avuto a che fare con una sala di montaggio. Perchè il giornalista televisivo del futuro dovrà girare le immagini e montarsele rigorosamente da solo. E magari dovrà lasciare un po’ da parte il talento, la creatività e la capacità di scrittura. Conosciamo la crisi e i suoi effetti devastanti nel mondo dell’informazione.
Quel che è certo è che a Bastia Umbra, in quei piazzali assolati davanti ai padiglioni 7, 8 e 9 di Umbriafiere, c’era una marea di giornalisti che rappresenta la vera anima, la crema della nostra professione. Che da anni consuma le suole delle scarpe correndo da una parte all’altra per pochi euro a pezzo. Che con l’iPad sempre appresso riesce ogni giorno a seguire tre o quattro eventi e fare puntualmente le cronache. Ma che probabilmente non ha il tempo materiale per leggere i giornali nazionali, aggiornarsi e approfondire le notizie di esteri o di cultura. E inevitabilmente ha avuto difficoltà a rispondere a tante delle domande dei quiz. Nel piazzale di Bastia Umbra c’era tanta gavetta, c’erano tanti sacrifici fatti con passione e amore per questa professione. C’era tanta gente che ha partecipato al concorso della Rai perché, pur sapendo come va il mondo dell’informazione, è ancora convinta che qualcosa possa cambiare. Non degli illusi, come qualcuno li ha definiti. Né giornalisti rottamati o all’ultima spiaggia. Grazie al loro esempio e al loro impegno quotidiano l’informazione italiana, spesso servile e poco libera, per anni lottizzata dai partiti che si sono spartiti tutti i posti migliori, ha ancora un po’ di credibilità. Probabilmente non è gente adatta al gioco dei pacchi, dove ti fai gli Affari tuoi e vinci solo se sei fortunato e azzecchi il pacco giusto. Quella di cui parlo è gente più adatta all’Isola dei famosi. Dove per sopravvivere bisogna lottare con tutte le forze.
Alessandro Zorco – Giornalista e blogger (da Blogosocial – Parole Condivise)
(admaioramedia.it)
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