La Brigata dei sardi donatori… ma in Sardegna si dice a prattu donau prattu torrau (a piatto donato corrisponde un piatto restituito). La vicenda della banda della Brigata Sassari che va o non va alla parata del 2 giugno non ha solo una rilevanza di pura presenza, anzi, va ben oltre una semplice partecipazione. Un dato è che non era prevista proprio nella organizzazione, poi se cambiano idea, meglio.
Nella mia vita con le stellette, i colori biancorossi sono stati portanti all’inizio, quando volevo essere assegnato al 151° a Trieste, cosa che non avvenne, ma rimediarono due anni dopo mandandomi al 152° e negli ultimi anni con quei colori a Nassiryia ed al Comando Brigata Sassari nella sede di Cagliari. Quindi sono stato accontentato nei miei intimi desideri. Per ogni sardo nel dna c’è per tutti un legame con i colori biancorossi e la storia della Sassari. Una Brigata speciale che divenne anche divisione nella storia dell’esercito, ma anche una storia dove è stata ridimensionata. L’Italia usò i ‘sassarini’ noti ormai dagli italiani come i Dimonios, nella 1a guerra mondiale per le sue capacità di uomini arditi, decisi e combattenti, e vennero impiegati per sedare moti in ordine pubblico, con gran protesta in Sardegna, poi i soldati sardi furono impiegati anche nella difesa di Roma contro i nazisti. E venne sciolta. Il 151°Reggimento venne ricostituito a Trieste nel 1962 a difesa delle frontiere orientali e il 152°Reggimento trasformato in reparto per reclute.
Finalmente il 1 dicembre 1988, anche per il forte interessamento del presidente Francesco Cossiga e del sottosegretario alla difesa Giuseppe Pisanu rinacque come Brigata, con sede di Comando a Sassari ed i suoi Reggimenti a Cagliari, Macomer e Sassari. La ‘Sassari’ riparte quindi inserita nell’era moderna come una Brigata piccola (fu ricostituita a costo zero), ma certamente con le possibilità di diventare grande come le altre Brigate italiane dotate di sei o sette Reggimenti. Cosa non avvenuta ancora. Ma la Brigata nonostante (nella sua ‘non completezza’ ha dato sempre) l’esiguità della dotazione organica ha ottenuto risultati importanti riconosciuti da eserciti alleati in Bosnia, Albania, Iraq, dove subì il più tragico degli eventi nella storia dell’Esercito, e poi in Afghanistan, Somalia e, dopo essere stata tenuta in riposo saltando turni di impiego, ora in Libano. Senza scordare l’operazione Strade sicure che da tre anni li vede impegnati a Roma e varie edizioni della operazione Forza Paris. La Brigata dei sardi è sì una brigata di punta dell’Esercito italiano, ma è anche e soprattutto un orgoglio di tutti i sardi che si immedesimano in essa e ne sono i principali co-attori e animatori.
La Brigata dei donatori. La chiamo cosi perché nelle trincee della 1a guerra furono migliaia i sardi che lasciarono le loro vite e dall’Italia furono conosciuti ed ammirati. La città di Vicenza decise di adottare i colori biancorossi in loro onore. Il presidente del Consiglio Orlando scrisse che l’Italia aveva contratto un debito con la Sardegna e pagherà… già pagherà, forse. Aveva ragione, perché la Sardegna pagò sulla sua pelle tanto sangue versato e tanti padri, mariti che non poterono dare più alle loro famiglie sostentamento e quindi una grave crisi per l’intera isola. I Sardi hanno sempre dato più di quanto potessero umanamente dare. E’ successo durante la Grande Guerra dove la Sardegna che nel censimento del 1911 contava 853mila abitanti, ha avuto 14mila morti. E la Sassari ha avuto 2.150 morti tra ufficiali, sottufficiali e soldati, 12.400 feriti; un caduto ogni 12 famiglie; 138 morti ogni 1.000 coscritti contro una media nazionale di 104. E il tributo di sangue è continuato anche nella Seconda guerra mondiale e anche nei nostri tempi. Pur essendo striminzita è sempre riuscita a far fronte alle richieste dello Stato Maggiore della Difesa. Come quando è partita per la Missione Alba in Albania con un preavviso di 48 ore. O per parlare di cose più amene, come quando ha mandato a tempo di record i musicanti della Banda a Shama per suonare davanti al Capo dello Stato.
Lo Stato unitario iniziò a pagare qualche rata del debito negli anni a seguire e ancora oggi devono essere saldati, basterebbe vedere i 12 miliardi di entrate che vengono dilazionati nel tempo. Quindi donatori ancora. Ma le donazioni non finiscono mai, negli anni in cui venne deciso di far nascere la prima Brigata di volontari, la Garibaldi, l’unico reggimento italiano su base volontaria era il 151° con circa 500 sardi, ebbene furono in gran parte trasferiti alla stessa. Ma le capacità e i volontari in Sardegna non mancarono e ancora non mancano, in pochi anni furono rimpinguati il 151° e totalmente il 152°, una sfida lanciata e vinta dal Generale Giangabriele Carta. Brigate da sciogliere, secondo i vari modelli di difesa che cambiano negli anni, vengono invece rafforzate, i reggimenti di cavalleria vengono assegnati a tutte le Brigate, ma non alla ‘Sassari’ e stessa cosa per il reggimento logistico: annunciato entro il 2014, è ancora latitante, deludendo le speranze dei soldati sardi impiegati nel continente di poter rientrare nella loro terra riunificando famiglie. Ma le donazioni da parte della Sardegna in minor quantità, ma a dosi massicce in questi anni proseguono con sardi che alimentano le Brigate alpine, forse perché il Gennargentu la neve la vede in minor quantità!
La non preventivata presenza della banda alla parata del 2016 e la stridente assenza di alti vertici della difesa militare e ministero al centenario della Brigata nel 2015 danno motivo di pessimismo e a pensar male… La storia ripercorsa in queste righe non dà segnali beneauguranti anzi le donazioni non sono state utili né importanti dall’altra parte del mare. La nostra insularità è una opportunità sempre di più di cui i sardi si stanno rendendo consci. Già negli anni 97-98 con il primo nuovo modello di difesa si era paventato che la Sassari passasse sotto la Granatieri di Sardegna, un pericolo sventato anche in virtù di un corale no dei sardi. Tutti gli elementi sopracitati sono segnali che fanno nuovamente sorgere il pensare male. Da altra parte, la grande potenza di pressing che l’associazione nazionale alpini ha sempre espresso, ha fatto tenere in vita anche la Julia, che era una delle Brigate da sciogliere, cosi come avvenuto per la Pozzuolo del Friuli, addirittura quasi sciolta e da pochi mesi invece potenziata. Ma sorge anche spontanea una domanda: perché le Brigate alpine sono tenute in auge con quadri per oltre il 90% fatto da sardi, siciliani, calabresi, campani, pugliesi insomma del sud? Ma la potente Ana non riesce a far arruolare i quadri nella padania alta, bassa, di est e ovest? Quindi in Sardegna siamo donatori di uomini, terre, poligoni e nelle parti alte d’Italia si vuole tenere la specialità degli alpini senza altro dare, ma impiegando personale tutto del sud e Sardegna, alpini di laguna e di mare?
La Sardegna e la sua Brigata ha il diritto di diventare come le altre Brigate senza alcun privilegio, ma soprattutto perché le speranze di tanti militari sardi da decenni impiegati in alta Italia non possono essere ancora deluse. Il latino ‘do’ talvolta sarebbe meglio accompagnato da ‘ut des’. E non vengano utilizzate come scusanti, le proteste e le marce antimilitariste in verità di pochi, ma agguerriti sostenitori enfatizzati anche mediaticamente, per ipotizzare un declassamento della Sassari magari con il mal celato intento di mantenere in vita qualche altra brigata nel continente italiano, sarebbe disdicevole e non rispettoso dell’affetto e dell’attaccamento dei sardi a questa bella realtà della Sassari. Ho giurato nel 1973 di essere fedele alla Repubblica ed al suo capo anche, in quei tempi, di osservare leggi e costituzione e di adempiere con disciplina ed onore ai doveri del mio stato di ufficiale. Ho cercato di ottemperare e credo con onore e sacrificio e me ne è stato dato ampio riconoscimento con due medaglie d’argento al merito, due di bronzo, decine di encomi solenni, cavalierato e medaglia mauriziana. Ora Generale della riserva, spero con altrettanto spirito che la mia Brigata e la Brigata di un milione e seicentomila sardi in Sardegna e settecentomila emigrati sardi nel mondo possa essere libera da dubbi sulla sua esistenza, e possa contribuire come sempre ha fatto e ancor di più, allo stato italiano ed alla sua gente di Sardegna e possa altresì continuare la tradizione che 101 anni fa ebbe inizio.
Gianfranco Scalas – Generale della riserva, già addetto stampa nelle missioni in Somalia, Bosnia, Albania, Kossovo, Iraq-Nassirjia (foto dalla pagina facebook “Parata del 2 giugno“)
(admaioramedia.it)
2 Comments
FaberSardo
Nelle parole del generale Gianfranco Scalas la Sassari diventa “la Brigata dei Sardi donatori” https://t.co/1EroxvHjOb
Maria Bonaria Usalla
GRANDI. Onore alla brigata Sassari orgoglio dei SARDI.