Quando si pensa al fenomeno del randagismo, in tanti pensano alle sofferenze dei cani, altri chiudono gli occhi e altri ancora ne subiscono i danni.
In un modo o nell’altro incide sulla vita e sull’economia della nostra terra, ma non è degnamente affrontato dalle Istituzioni. Parlando con i volontari ho capito che la sterilizzazione sarebbe una buona soluzione al problema, ma sembrerebbe che nelle pubbliche strutture siano ormai anni che non si sterilizzano i randagi. Giustamente i veterinari vanno pagati e purtroppo questi costi ricadono sui volontari. L’argomento è molto sentito dal mondo rurale, che, oltre a vedere le sofferenze degli animali, ne subisce anche i danni. È noto che i randagi tendano ad organizzarsi in branchi per poi assalire le greggi e, in casi estremi, anche l’uomo.
A nulla servono le pacche sulle spalle, non pagano i veterinari e tanto meno rifondono le perdite subite dagli allevatori o i danni fisici alle persone. I sindaci hanno le mani legate, possono al massimo affidare gli animali ai volontari o ai canili, ma spesso non hanno i fondi per sostenere le spese idonee a mantenere animali in strutture. Bisogna riconoscere che anche la scarsa sensibilità umana è causa di questa situazione, ma risulta evidente che servano regole e risorse mirate, perché un microchip e far finta di nulla, non basta. Se veramente le Istituzioni vogliono debellare questo fenomeno inumano e eliminare i danni al mondo agro-pastorale e i rischi per la salute umana, devono riconoscere gli sbagli e porre in atto rimedi idonei a tutelare sia il territorio che i suoi abitanti. E gli animali stessi.
Pier Paolo Cotza
(admaioramedia.it)