Un progetto fotografico nato durante i giorni della rivolta del latte, con immagini che alternano i momenti di lotta dei pastori durante le recenti proteste e momenti del lavoro quotidiano nel mondo delle campagne sarde. La mostra “Nel nome del latte” sarà a Milano, sabato 30 e domenica 31 marzo (Palazzo Stelline in corso Magenta, 61) e sarà visitabile dalle 9.30 alle 20. Poi, dal 15 al 18 aprile sarà a Strasburgo nella sede del Parlamento europeo.
L’autore degli scatti è Francesco Pintore, giornalista desulese del quotidiano “L’Unione Sarda”, da vent’anni appassionato fotografo: “Da più di un anno sto lavorando a un progetto fotografico sul pastoralismo in Sardegna – ha spiegato – Conosco abbastanza il mondo delle campagne. Sono figlio e nipote di pastori e pertanto ho seguito con grande interesse la recente protesta degli allevatori sardi. Non avevo in programma alcuna mostra, ma approfitto di questa occasione per contribuire in qualche modo a una protesta che purtroppo ha avuto visibilità mediatica soltanto quando un gruppo di pastori ha fermato i giocatori del Cagliari Calcio mentre uscivano dal campo di allenamento. Nei giorni precedenti c’era l’Isola in rivolta, ma i media nazionali hanno incredibilmente ignorato quanto stava accadendo nelle strade e nelle piazze della Sardegna. Mi piace l’idea che la mostra faccia tappa nella sede del Parlamento europeo perché il futuro della pastorizia sarda è legato anche alle decisioni delle istituzioni comunitarie”.
La mostra è stata promossa da Stefano Maullu, europarlamentare milanese di origini sarde (i suoi genitori sono emigrati nei primi anni ’50), che vent’anni fa ha dato vita all’associazione Ambasciata di Sardegna, con l’obiettivo di dare ai sardi emigrati un luogo di confronto e incontro: “Ho seguito da vicino la protesta dei pastori sardi – ha raccontato – e nelle foto di Francesco Pintore ho trovato cronaca, attualità, umanità che compongono un racconto sorprendente, vero. Raccontare la Sardegna è affascinante e in questa rassegna si vivono aspetti unici dell’isola, attraverso momenti ed emozioni che meritano di essere messi in mostra. Prima a Milano, quindi al Parlamento Europeo di Strasburgo portiamo un pezzo di Sardegna autentica, in un momento delicato che va prima di tutto capito nelle sue sfaccettature più profonde”.
Per Max Solinas, foto editor del quotidiano “L’Unione Sarda”, il racconto fotografico della mostra ‘Nel nome del latte’ “coglie due aspetti di una storia che contempla da un lato le vicende legate alla vertenza per il prezzo del latte, dall’altro il lavoro nelle aziende agropastorali dell’Isola. Blocchi stradali, manifestazioni di piazza e altri momenti della lotta, vedono protagonisti uomini, donne e bambini, ovvero le stesse persone che rappresentano il mondo delle campagne, dove ogni giorno i pastori si alzano all’alba per mungere, per accudire il bestiame e per mandare avanti le aziende, spesso con grandi sacrifici. Un mondo vivo con i suoi riti e una cultura millenaria da documentare e far conoscere”.
Il 6 febbraio, nelle campagne di Villacidro, due uomini col volto coperto e armati di bastoni bloccano un’autocisterna che sta effettuando il consueto giro degli ovili per la raccolta del latte, intimandogli di aprire i rubinetti dell’autobotte e di scaricare 10mila litri di latte a terra. Costringono l’uomo a riprendere la scena con il telefonino e lo ‘invitano’ ad inviare il video a tutti i contatti presenti nella rubrica telefonica. In pochi istanti le immagini diventano virali, invadono i social e in tutta la Sardegna esplode la guerra del latte. Questo episodio segna l’inizio di una protesta che era nell’aria: qualche giorno prima, un folto gruppo di allevatori aveva manifestato pacificamente nel Sulcis e nel Medio Campidano sollecitando l’apertura di una trattativa per ridefinire il prezzo del latte, crollato a 60 centesimi a litro. Sempre all’inizio del mese nelle bacheche social vengono postati video di pastori che gettano il latte nelle fogne. Dal 6 febbraio sono scene si moltiplicano: gesti clamorosi, eclatanti, mai visti. Segnali di un malessere che esplode in modo dirompente. Da quel momento iniziano le manifestazioni di piazza, i blocchi stradali, gli sversamenti di latte, le assemblee e i presidi notturni davanti ai caseifici. Lotta coinvolge tutta l’Isola, mai come questa volta solidale con il mondo delle campagne. Dopo qualche giorno, gli sversamenti vengono meno. Gli allevatori decidono di non buttare più il latte, preferiscono donarlo ai cittadini: nelle piazze gli allevatori distribuiscono anche formaggio e ricotta fresca.
La protesta secondo molti osservatori è destinata a provocare forti cambiamenti nella struttura del mondo agropastorale sardo, dove operano 12mila aziende che allevano 2 milioni e 700mila capi ovicaprini e producono 300 milioni di litri di latte. Il prezzo del latte viene determinato in base alle quotazioni del Pecorino romano, un formaggio che con 341mila quintali prodotti rappresentata la voce più importante di una filiera che coinvolge pastori, industriali, intermediari, trasformatori e consorzi. Il prezzo crolla a causa di un’eccedenza nei magazzini delle industrie casearie. Secondo gli allevatori con 60 centesimi a litro non si coprono nemmeno i costi di produzione. Nella trattativa, i pastori chiedono 1 euro a litro. Dopo una serie di incontri, il 16 febbraio, si trova un primo accordo: 72 centesimi a litro. Nel frattempo, riprende gradualmente l’attività nei caseifici, ma proseguono anche intimidazioni: altre autocisterne vengono bloccate e svuotate, in qualche caso date alle fiamme. (red)
(sardegna.admaioramedia.it)