Dai prodotti agroalimentari ai prodotti sartoriali, dai prodotti metalliferi al legno: le micro e piccole imprese della Sardegna, nel primo semestre del 2017, hanno visto un incremento degli acquisti esteri del 13,7% rispetto al 2016, per un controvalore totale di 169 milioni di euro.
Secondo i dati emersi dall’Osservatorio per le micro e piccole imprese di Confartigianato imprese Sardegna, è Cagliari la provincia su cui si concentra la maggior crescita dell’export, con 83milioni di euro e +56,1% rispetto al 2016; seguono Sassari con 38milioni (-0,6%) e Nuoro con 12milioni (-27%).
“L’impegno dei nostri imprenditori e il costante supporto della Regione sull’internazionalizzazione – afferma Stefano Mameli, Segretario regionale di Confartigianato imprese Sardegna – per il miglioramento della qualità dei prodotti, e per l’apprendimento di nuove tecniche di vendita e di conoscenza dei mercati esteri, stanno dando i primi frutti anche se è ancora presto per dare una valutazione. Crescono sempre più le imprese che partecipano alle iniziative sull’export e quindi è da apprezzare lo sforzo che si sta facendo anche sul fronte della formazione”.
Il 43,3% di tutte le esportazioni riguarda prodotti agroalimentari, un settore costantemente in crescita da diversi anni in cui si distinguono al suo interno: frutta e verdura conservati (+67.9%), oli (+53,7%), carni lavorate (+31,5%), prodotti da forno (+14,6%), prodotti ittici (+20%) e formaggi in calo dell’11,3%. Anche il settore della moda, nonostante rappresenti solo il 6,2% delle esportazioni, incomincia ad acquistare importanza nel panorama internazionale e possiede grosse prospettive di crescita visto e considerato che il 17% delle imprese possiede titolari sotto i 35 anni: si distinguono le aziende che confezionano articoli di abbigliamento (+27,4%), borse e articoli di cuoio (+27,2%) e articoli di maglieria (+25,6%). I maggiori acquirenti dei prodotti ‘made in Sardinia’ sono gli Usa col 60% degli acquisti; seguono Germania (9,5%), Francia (5,3%), Spagna (3,5%), Svizzera(2,7%), Cina (2,4%), Canada (2,3%), Giappone (2,1%), Regno Unito (2%), Olanda (1,4%).
“Certamente parliamo di quantità e di controvalore ridotti rispetto ad altre realtà italiane – conclude Mameli – ma, in ogni caso, sono segnali positivi per le nostre piccole imprese ed una strada da perseguire con costanza per invertire nel lungo periodo le sorti dell’economia isolana. In ultimo, visti anche i dati, riteniamo occorra lavorare non soltanto sui settori più maturi per l’export ma anche per la valorizzazione dei settori con importanti potenzialità, come ad esempio la moda, Confartigianato non farà venir meno il proprio supporto e collaborazione per accompagnare le imprese in questi percorsi”.
Martina Corrias
(admaioramedia.it)