La metanizzazione della Sardegna, prevista nella Strategia energetica nazionale (Sen) dal passato Governo Pd e fortemente voluta dalla Regione Sarda, secondo il ministro delle infrastrutture Toninelli, è “un progetto obsoleto e impattante sull’ambiente”. Come risposta il presidente Pigliaru ha convocato urgentemente l’assessore dell’Industria, Maria Grazia Piras, annoverabile tra i massimi incompetenti di tematiche energetiche in Sardegna.
Non bisogna dimenticare che lo stesso Pigliaru, già nel 2016, assieme alla Piras, si sono posti il geniale obbiettivo di ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica (CO2), entro il 2030, mediante la metanizzazione della Sardegna, ovvero si sono posti l’obiettivo di ridurre l’emissione di CO2 proponendo investimenti in sistemi di produzione energetica ad alta emissione di CO2, lontani dal moderno concetto di sostenibilità anche in termini di consumo di risorse fossili non rinnovabili.
Ministro Toninelli aggiunge: “Stiamo parlando di 700 milioni che possono essere usati per raggiungere in altri modi quell’autonomia energetica che deve passare soprattutto dalle fonti rinnovabili e dall’efficientamento energetico”. Anche in questo caso totalmente in contrasto con le azioni che si stanno implementando secondo il Piano energetico regionale, inseguendo la follia dell’autoconsumo istantaneo con l’installazione di sistemi di accumulo di energia. sostanzialmente, batterie che si caricano di giorno con la produzione degli impianti fotovoltaici pubblici e che si scaricano la notte sul carico irrilevante degli stessi edifici pubblici, del tutto inefficaci dal punto di vista della riduzione della CO2, che non sono gestibili dagli stessi enti pubblici per mancanza di personale addetto alla gestione e manutenzione e che produrranno un danno ecologico legato alle difficoltà di smaltimento. Per questi sistemi di accumulo, oltre ai 3.9 milioni di euro già ‘bruciati’ per la progettazione e realizzazione di microreti elettriche da parte dei Comuni della Sardegna, è previsto lo spreco di altri 5 milioni di euro mediante il Programma di sviluppo rurale Sardegna 2014-20, sempre per l’installazione di sistemi di accumulo elettrochimico e relativi dispositivi di interfaccia con la rete di distribuzione e sistemi di gestione di microreti finalizzati alla massimizzazione dell’autoconsumo dell’energia prodotta.
Gli interventi proposti e finanziati dalla Regione sono totalmente in contrasto con ciò di cui le imprese sarde avrebbero effettivamente bisogno, ovvero sistemi che consentano di abbattere i loro costi dell’energia fortemente gravati dagli oneri del sistema elettrico. Paradossalmente, oggi, è particolarmente conveniente installare sistemi fotovoltaici per far sì che le imprese possano risparmiare sull’energia consumata dalla rete e quindi pagare minori costi energetici. Anche su questo fronte la logica si scontra con le normative europee, che impediscono di fatto di finanziare interventi sul privato e sui consumatori energivori, e che rappresentano l’effettiva fetta di mercato che può incidere sulla riduzione delle emissioni di CO2 e il raggiungimento dei target di efficientamento energetico nazionali ed europei.
Energhia
(admaioramedia.it)