Sebbene l’assessore regionale dell’Industria sarà l’ultimo ad essere nominato dal presidente Solinas, sarà uno dei primi a trovarsi fortemente impegnato con le tante vertenze aperte, occupando una delle poltrone più impegnative e ‘scottanti’.
I vaneggiamenti del Partito democratico, durante la propaganda elettorale per le elezioni politiche di marzo 2018, e dell’ex presidente Pigliaru per le elezioni regionali di febbraio 2019 ormai stanno venendo allo scoperto, come verranno alla luce tutte le scelte sbagliate o marginali messe in atto dal precedente assessore Maria Grazia Piras. In tutte le aree industriali sarde le grosse aziende hanno i dipendenti sotto ammortizzatori sociali. Del bluff di Calenda sulla riapertura di Alcoa se ne riparla solo quando si avvicina la scadenza dei sostegni economici agli ex lavoratori. L’ultima volta, il 16 aprile scorso, sono tornati davanti alla sede del Ministero dello Sviluppo economico una delegazione di lavoratori dal Sulcis e una da Fiume Santo. Oltre alla questione alluminio si sta presentando ora anche la prospettiva di chiusura delle centrali a carbone, che, secondo l’agenda ambientalista sposata in pieno dal vecchio governo Pd e dal nuovo con i grillini allo sviluppo economico, è prevista al 2025. Se ciò avverrà senza contromisure causerà danni oltre che ai lavoratori del comparto, anche all’intero sistema elettrico nazionale. Tra l’altro esiste anche un progetto per la realizzazione dell’integrazione cogenerativa, mediante lo scambio di vapore/acqua condensata, tramite l’installazione di un vapordotto per la fornitura di vapore dalla centrale Enel Sulcis allo stabilimento dell’Eurallumina, tra la centrale termoelettrica Sulcis “Grazia Deledda” e l’antistante stabilimento di raffinazione dell’allumina di proprietà della EurAllumina, che non si capisce come possa sposarsi con l’annunciata chiusura della centrale del Sulcis, e che non è chiaro per quale motivo sia stato presentato a maggio 2018 ormai quando già si parlava di chiusura delle centrali a carbone.
Atra gatta da pelare per il futuro assessore (o meglio ‘assessora’, visto che lo impone il metodo di ripartizione di genere) sarà quella della realizzazione del presunto metanodotto della Sardegna, che non dà alcuna utilità misurabile per la comunità sarda. Restano poi tante questioni aperte sulla pianificazione energetica, e i nuovi impianti a fonti rinnovabili che si dovranno realizzare nel territorio sardo per perseguire gli obbiettivi del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 (Pniec), che dovrà portare l’Italia a produrre con gli impianti a fonti rinnovabili almeno il 55% dell’energia elettrica consumata. Se il precedente assessore Piras ha aumentato nelle aree industriali della Sardegna il limite di utilizzo del territorio per gli impianti fotovoltaici dal 10% al 20%, con possibilità di arrivare fino al 35%, resta comunque la difficoltà di applicare un piano energetico che non ha pianificato nulla, e che è soltanto un libro di buoni propositi, la cui applicazione sta portando a risultati totalmente insoddisfacenti dal punto di vista della decarbonizzazione, dell’efficienza energetica, della sicurezza energetica, del mercato locale dell’energia, e della ricerca, innovazione e competitività.
All’assessore che verrà, spetterà, di concerto con l’assessore dell’ambiente, trovare soluzioni per accelerare le procedure e i progetti riguardanti l’energia e l’industria che sono stati bloccati dai dirigenti regionali, che invece di far procedere le pratiche provano il sadico piacere di infliggere a ogni istanza decine di prescrizioni, spesso discutibili: che si tratti di prescrizioni legate a interazioni delle opere con siti archeologici inesistenti, oppure di effetti su pipistrelli e la fantomatica gallina prataiola, che si tratti di altri vincoli eccessivi e ingiustificati, come ad esempio effetti sanitari non dimostrabili e non riscontrati in altri interventi simili.
Energhia
(sardegna.admaioramedia.it)