Il 19 novembre scorso è stato concesso un altro anno di cassa integrazione agli operai dell’Eurallumina di Portovesme. La fabbrica, nata per produrre ossido di alluminio, ricavato dalla lavorazione della bauxite, e prodotto intermedio nel ciclo dell’alluminio che veniva successivamente trasformato da Alcoa, è chiusa dal 2009. Le 450 persone che ci lavoravano, a oggi 260, da 9 anni vivono in cassa integrazione e si apprestano a entrare nel decimo.
Non lavorano, non producono ma da 10 anni usufruiscono dello storico ‘reddito di cittadinanza’, che solo i Cinquestelle hanno avuto la furbata di chiamare con questo nome accattivante, che gli ha permesso di raccogliere a man bassa un gran numero di voti di persone disoccupate o in difficoltà economica. Ammortizzatori sociali e soldi per non produrre nulla, a carico dello Stato, eppure la zona del Sulcis viene da sempre considerata una zona da bonificare, da ripulire da tutti gli scempi ambientali praticati prima con le miniere e poi con insediamenti industriali fallimentari, soprattutto grazie all’ipersindacalizzazione e statalizzazione anche degli stabilimenti privati.
Era chiaro fin da subito che né l’assessore regionale dell’Ambiente, Donatella Spano, né l’assessore regionale dell’Industria, Maria Grazia Piras, scelte non per competenze ambientali e industriali, ma solo per rigida applicazione del manuale Cencelli del politicamente corretto, della parità di genere e della spartizione dei posti di governo Sassari/Cagliari nella Giunta Pigliaru, potevano essere le figure in grado di dare una svolta alla situazione che pesantemente impedisce al Sulcis di alzare la testa e uscire dall’assistenzialismo e clientelismo in cui versa da sempre. Questa nuova ‘elemosina’ preelettorale di milioni di euro va a sommarsi alla promessa dei 135 milioni di euro che la società svizzera Sider Alloys: dicono investirà nel revamping degli impianti per la produzione di alluminio di Alcoa e gli allocchi continuano a crederci.
Possibile che non vi sia alcun politico o partito politico che abbia un minimo di senso della realtà e pragmatismo, e decida finalmente di chiudere tutte le industrie improduttive croniche della zona, proponendo un vero un piano industriale per il Sulcis, che preveda serie bonifiche industriali con il decomissionamento di intere fabbriche ferme da decenni ormai: Eurallumina, Alcoa, la vecchia centrale Enel di Portovesme, per citarne alcune? In questo modo si potrebbero dare i soldi della cassa integrazione per pagare stipendi veri agli operai impegnati nelle bonifiche, che si troverebbero cosi impegnati nel recupero ambientale delle aree industriali con la vera dignità, quella del lavoro, e non la semplice prebenda assistenzialistica della cassa integrazione.
Energhia
(admaioramedia.it)