La caduta del centrosinistra, il seguitare dell’astensionismo ma soprattutto il trionfo personale di Matteo Salvini. Una riflessione sugli esiti più evidenti delle elezioni regionali sarde non può sottrarsi da questi tre dati inconfutabili, che spiegano in larga parte i motivi della netta affermazione alla guida della prossima giunta regionale sarda del candidato della coalizione di centrodestra, Christian Solinas, eletto nuovo governatore della Sardegna con circa la metà dei consensi.
Un risultato che arriva a coronamento della assennata operazione politica culminata con la riunificazione del centrodestra, sulla scorta del recentissimo e altrettanto vincente esempio abruzzese, e che testimonia il carico di aspettative e il quanto mai solido vincolo di appartenenza di una quota maggioritaria di connazionali, nell’Isola come su tutto lo Stivale, nei confronti del disegno fiero e non negoziabile di una moderna destra sovranista di lotta e di governo. Una consultazione, quella sarda, che ha visto il capitombolo del Movimento cinquestelle, precipitato dai fasti delle elezioni politiche al modestissimo 11% di domenica, giusto un quarto di quanto ottenuto nemmeno un anno fa a conferma che trattasi soprattutto di un movimento di opinione su scala nazionale, brillante ed efficace nella comunicazione sui nuovi media, ma non ancora dotato di una reale e radicata organizzazione sul territorio con figure di riferimento davvero autorevoli, e men che meno di una classe dirigente credibile da spendere per il governo di realtà complesse e problematiche come quelle afflitte dai problemi dell’insularità. Un conto salato che verrà imputato per intero nei prossimi giorni, c’è da giurarci, dagli attivisti pentastellati a Luigi Di Maio, facile capro espiatorio di un universo pentastellato ancora in balia delle sue perverse logiche interne per troppi versi insensate se non proprio assurde come la pretesa di decidere con qualche migliaio di clic sulla piattaforma Rousseau il nome di un candidato al governo di una regione o, peggio ancora, dell’intero Paese, come se un manipolo di auto proclamatisi ‘eletti’ potesse davvero farsi interprete appieno delle istanze, dei bisogni e degli aneliti di un milione e mezzo di Sardi o di sessanta milioni di Italiani. Un controsenso, quello dell’autogoverno grillino, smentito dalla realtà e dalle scelte di un elettorato sempre più in fuga verso le braccia di Salvini, il vero grande ricettacolo di quest’emorragia di consensi in libera uscita. Consensi erosi anche dall’incoerente linea politica locale di contrasto forzato alla Lega, al cui fianco condividono le decisioni strategiche nel governo dell’Italia a Palazzo Chigi.
Steso un velo pietosissimo sulle astrusità di un sistema elettorale bizantino, capace di segnalarsi soltanto per lo sconsiderato incentivo al voto disgiunto e alla frammentazione delle liste in un’apoteosi di schede lenzuolo, ai cittadini sardi è stata inflitta la pena ulteriore di uno spoglio interminabile, testimonianza di un apparato amministrativo inadeguato per una nazione evoluta. Altra nota innegabile del voto del 24 febbraio è la caduta del centrosinistra, sconfessato dal popolo sardo dopo un impalpabile governo di cinque anni eppure capace di racimolare a dispetto dei santi un inaspettato 33% delle preferenze: un’affermazione che è l’ennesima testimonianza di come, molto più di analisi astratte ed elaborate teorie alfanumeriche, la politica sia soprattutto ancora e sempre una questione di uomini.
Nicola Silenti
(sardegna.admaioramedia.it)