Servitù militari sì-servitù militari no. Mentre si attende che Governo e Regione decidano il da farsi, 2.800 lavoratori guardano con preoccupazione al loro futuro.
Si discute – giustamente – di servitù militari in rapporto all’ambiente, alla salute dei cittadini, all’inquinamento, alla sicurezza della navigazione, ma nessuno dice una parola sui 1.101 lavoratori diretti nelle basi e nei circuiti militari sardi e sugli oltre 1.700 operatori indiretti (esclusa la Maddalena) dipendenti da un centinaio di aziende private collegate. La riflessione sulle servitù militari, fino a questo momento, ha tenuto fuori dalla porta in tutte le sedi – parlamentari, ministeriale e perfino regionale – le Organizzazioni dei lavoratori. Un’inadempienza che dovrà essere recuperata al più presto. La Cisl sarda vuole evitare un caso 'La Maddalena 2'. Cioè che il declino economico produttivo che oggi caratterizza l’area della Maddalena, per la quale va cercato l’immediato rilancio, si ripeta su più larga scala negli altri territori interessati da presenza militare.
L’intervento della Regione in questi mesi ha puntato sul riequilibrio, rispetto alle altre regioni, della presenza militare in Sardegna: nella nostra regione oggi si trova circa il 60% della presenza militare nazionale. A fronte di questa diffusa militarizzazione, lo Stato concede all’Isola appena il 4,3% della forza lavoro impiegata nel sistema Difesa nazionale, che ammonterebbe a 26.395 operatori. Un’equa ripartizione dovrebbe assegnare alla Sardegna alcune migliaia di addetti in più degli attuali 2.800 lavoratori impegnati nel gran mare delle servitù militari, che si estende per 30.000 ettari di territorio sardo occupati dal demanio con le stellette, di cui 13.000 ettari gravati da servitù militari vere e proprie da integrare con tratti di mare, spazi aerei e svariati chilometri di costa non accessibili alle attività economico/turistiche.
Non bisogna perdere di vista la necessità di garanzie e tutele richieste alle rappresentanze istituzionali dalla forza lavoro impiegata nel sistema difesa sardo. Forza lavoro civile ridottasi considerevolmente nell’ultimo decennio e che attende di essere implementata adeguatamente. E’ arrivato il momento di assicurare ai Sardi una debita compensazione in termini di sviluppo e quindi di investimenti su sperimentazioni ad alto valore aggiunto così come sollecitato per il Poligono di Quirra dalla stessa Regione. Investimenti e compensazioni che hanno visto, invece, premiate altre realtà regionali come la Puglia. Non è da trascurare il potenziale occupazionale di ambiti strategici come le bonifiche per Teulada e Capo Frasca, insieme allo smaltimento degli inerti e alla manutenzione dei quasi 200 immobili del sistema difesa regionale, stimolando accordi strategici fra Regione, Stato, Università e distretto aerospaziale.
Per quanto concerne La Maddalena, infine, è improcrastinabile un intervento che oltre al rilancio turistico alberghiero dell’arcipelago preveda una politica di investimenti nel campo della cantieristica navale e delle professioni legate alla vita del mare non trascurando l’utilizzo degli immobili dell’ex ospedale militare/arsenale su cui ipotizzare investimenti nel campo universitario. Dovranno essere rivalutati altresì interventi di carattere compensativo da rifondare attraverso un leale collaborazione fra Regione e Ministero della Difesa attraverso un’ulteriore valorizzazione della Scuola sottufficiali della Marina Militare che dovrebbe svolgere un ruolo possibilmente anche più rilevante a livello nazionale ed anche internazionale.
Ignazio Ganga – Cisl Sardegna
(admaioramedia.it)