E’ trascorso mezzo secolo dalla morte (27 marzo 1969 a Sassari), avvenuta ad appena 47 anni (Orune, 17 agosto 1922), di Antonio Pigliaru (padre di Francesco, ex presidente della Regione). Per ricordare la figura dello studioso considerato, dopo Antonio Gramsci, il più grande intellettuale sardo del ‘900 ci saranno tre giornate di studi nelle giornate del 16, 17 e 18 maggio, organizzate da Isre, Università di Sassari ed Amministrazioni comunali, rispettivamente a Sassari, Nuoro ed Orune, dove si terrà anche una mostra fotografica e verrà inaugurata la biblioteca a lui dedicata
Si laureò a Cagliari con una tesi su “Attualità di Giacomo Leopardi” e poi insegnò Dottrina dello Stato nei due atenei isolani. Fu fondatore di riviste e promotore di iniziative culturali, oltre che autore di opere importanti, come “Persona umana e ordinamento giuridico” e “La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico”. Di formazione gentiliana, fu uno studioso del pensiero del filosofo Gentile, pubblicando, nel 1953, il saggio “In tema di lavoro e di cultura in Giovanni Gentile “, nel 1954 “Studi sul pensiero di Gentile “ e nel 1956 “L’esistenzialismo positivo di Gentile”.
La sua figura è ricordata anche nell’ultimo numero (dicembre 2018) della rivista trimestrale “Nova Historica” (direttore Massimo Magliaro), dove il ricercatore storico Angelo Abis gli dedica alcune pagine all’interno di un articolo sul “Fascismo clandestino in Sardegna”: viene ricordata la partecipazione di Antonio Pigliaru ai Littoriali della cultura e dell’arte a Bologna nel 1940, la collaborazione con la rivista “Intervento” del Guf (Gruppi universitari fascisti) di Sassari, la realizzazione del periodico della Gil (Gioventù italiana del littorio) “Giovinezza in marcia” ed il carteggio (1949) con Giuseppe Bottai, ministro dell’Educazione nazionale nei primi anni ’40.
Poi, nel marzo 1944, Pigliaru fu arrestato (insieme ad altri sette giovani militanti, tra cui Gavino Pinna, che poi divenne senatore del Msi, sfuggì alla cattura Ugo Mattone, che poi divenne un noto regista col nome di Ugo Pirro) con l’imputazione di aver costituito a Sassari un “Comitato regionale fascista”. Subì il primo processo antifascista dell’Italia ‘liberata’ ed il 29 agosto 1944 fu condannato dal Tribunale militare della Sardegna (pubblico ministero era Francesco Coco, terralbese ucciso dalla brigate rosse a Genova nel 1976) a sei anni di carcere, che scontò prima ad Oristano, poi ad Alghero e all’Asinara. Fu liberato nel 1947 in seguito all’amnistia di Togliatti. Ma proprio in carcere aveva contratto la grave malattia che, oltre a costringerlo a frequenti ricoveri ospedalieri, lo portò alla morte precoce. (fm)
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