“Semplifichiamo, così tutto funzionerà meglio e spenderemo meno”. Belle parole, belle bugie. E tutti fanno finta di crederci. Ora è la volta dell’Agenzia sarda delle entrate, per riscuotere i tributi di competenza regionale, e di Forestas, chiamata a sostituire l’Azienda delle foreste regionali, che controlla e gestisce oltre 220 mila ettari di boschi, con oltre 7.000 dipendenti, una ricchezza notevole, in una regione, in un Paese in perenne lotta con la disoccupazione e l’inquinamento.
Ma andiamo con ordine. Chi ha scoperto le “Agenzie”, come soluzione ai costi ed alle inefficienze degli enti regionali, è stato il grande pensatore-manager-politico Renato Soru. Con un colpo di bacchetta magica (la maggioranza che lo sosteneva era prona, sempre pronta ad approvare qualunque proposta, anche la più insensata) ha trasformato gli Enti che operavano in agricoltura (compresi i quattro di ricerca, più la stazione sperimentale per il sughero) in Agenzie, a capo delle quali ha messo suoi uomini fidati (ovviamente spartiti con alcuni altri partiti), senza i vecchi ed inutili controlli esercitati dai consigli di amministrazione o dagli altri organismi di garanzie, del tutto inutili, perché i direttori “che ho nominato, sono tutte persone di grande professionalità”.
Ma è proprio vero? A sentire molti agricoltori i tecnici e gli esperti di Agris, Laore, Argea sono “nemici giurati del mondo agricolo”, di cui non capiscono le esigenze, le attese, le speranze, i diritti. “Burocrati della peggior specie; altro che consiglieri e tutor di chi lavora nelle ingrate campagne isolane”. L’unica cosa certa è che i loro costi, nel bilancio sardo, dalla voce “Amministrazione regionale” sono passati ai diversi capitoli di competenza dell’Assessorato dell’Agricoltura. Così i costi di queste ‘dannose e dannate’ agenzie gravano sulle spalle degli agricoltori, che vedono drasticamente ridursi i fondi europei, parte dei quali utilizzati proprio per retribuire i funzionari regionali che operano nel settore primario. Stessa operazione, spregiudicata, fatta trasformando l’Ente autonomo del Flumendosa (che aveva concluso il suo compito e la sua missione) in Ente delle acque della Sardegna, nel quale sono confluiti un centinaio di ‘prestigiosi’ ingegneri, tutti col riconoscimento (ed il premio) dell’alta professionalità, non proprio in grado di ‘gestire’, nel modo migliore, il notevole patrimonio delle dighe isolane. Ora toccherà alle entrate regionali ed ai boschi ed alle foreste dell’Isola. Ma con lo sviluppo e la crescita della Sardegna, le aziende cosa c’entrano? Niente. Ed allora, perché non abolirle e, addirittura, istituirne altre? Perché così si piazzano gli amici? Se questo è il nuovo che avanza, per favore, ridateci il vecchio.
Cochise
(admaioramedia.it)
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