No, non è un feroce serial killer e neanche un politico anticonformista. Si tratta dell’ultima frontiera dell’ingegneria genetica nota come ‘Genome editing’. Attraverso questa metodica, copiata dal sistema immunitario batterico, è possibile correggere le sequenze di Dna senza inserire Dna estraneo, in modo preciso e quindi potenzialmente curare un gran numero di patologie o modificare a piacimento il Dna a partire già dagli embrioni o addirittura dalle cellule germinali.
Dal 2012, cioè da quando il sistema è stato sviluppato e reso personalizzabile da Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier, è stato infatti possibile sperimentare modifiche specifiche in organismi molto più complessi dei batteri, come animali e piante, ne è un esempio il mais ‘waxy’ che offre una migliore resa e un contenuto elevato di amilopectina (utilizzata nell’industria con vari scopi). Waxy verrà introdotto sul mercato nel 2020. L’applicazione della metodica promette ottimi risultati anche nella cura definitiva di patologie monogeniche come la Talassemia. Questo particolare tipo di anemia, a trasmissione genetica, è molto frequente in Sardegna. L’isola conta infatti un alto numero di portatori sani e persone affette dalla forma più grave che necessita di trasfusioni frequenti. Sino ad oggi l’unica soluzione definitiva alla patologia è rappresentato dal trapianto di cellule staminali ematopoietiche.
Nel 2014 però è stata messa a punto una tecnica di correzione, mediante Crispr, del gene che provoca la talassemia da parte di alcuni ricercatori dell’Università della California. La tecnica ha dato risultati positivi e ha aperto la strada ad ulteriori ricerche attualmente in corso anche in Sardegna. L’Università di Cagliari in collaborazione con il Cnr e sotto la guida del professor Paolo Moi sta lavorando sulle modifiche alla mutazione Beta 0-39 tipicamente sarda. Al lavoro partecipano direttamente la ricercatrice Giuseppina Marini e dall’America Maura Mingoia. Ormai le pubblicazioni scientifiche sull’argomento sono migliaia, basta consultare il portale biomedico Pubmed.
La metodica apporta numerosi vantaggi rispetto alla precedente terapia genica studiata e sperimentata per correggere geni patologici. Crispr è applicabile a più ambiti, controlla in modo più accurato l’espressione dei geni, attiva il funzionamento di geni non attivi e corregge quelli mal funzionanti. E’ possibile agire su vari punti del Dna contemporaneamente anche se ancora oggi alcune cellule sono più difficili da raggiungere come quelle dei muscoli e del cervello mentre altre, come quelle del sangue, possono essere modificate più facilmente. Ma con il progresso di tali metodologie arriva anche il problema etico. Infatti Crispr permette, con relativa facilità, potenziali modifiche al Dna umano anche non legate a patologie. Data la semplicità della metodica sono numerosi i timori sull’uso più o meno improprio del sistema. Potrebbe essere usato ad esempio per il potenziamento di capacità umane riscontrabili ora in pochi individui come effetto della normale variabilità, ma che con questo metodo diventerebbero caratteristiche presenti su vasta scala. A quali esiti potrebbe portare l’applicazione di tale metodologia come pratica comune? Sicuramente numerosi benefici medici, sulla qualità di vita (come nell’esempio della Talassemia).
Sino ad oggi l’uomo si è evoluto per selezione naturale. La natura seleziona mutazioni geniche vantaggiose rispetto all’ambiente di vita attraverso la sopravvivenza dell’organismo che le porta e che quindi potrà riprodursi e trasmetterle alla prole. Ma tale evoluzione è avvenuta con tempi tecnici molto lenti dell’ordine di milioni di anni (come ci insegna l’evoluzione umana dalle scimmie antropomorfe). Ora, accelerare tale fenomeno, per quanto giustificato dal desiderio di migliorare la vita e guarire, apre un dibattito etico acceso. Crispr rappresenta comunque una grande rivoluzione, e per la sua semplicità di applicazione da molti è definito ‘democratico’ rispetto a metodologie più complesse e costose. Attualmente migliorabile, visto che ancora presenta punti negativi come l’inserimento di numerosi errori nel Dna. Ma nell’immediato futuro, promettono gli addetti ai lavori, si assisterà ad una notevole evoluzione e miglioramento. Bisogna solo capire se il cervello umano è pronto ad accoglierla nel modo dovuto. Se saprà sfruttarla eticamente e capirne l’impiego migliore al progresso sociale e medico.
Veronica Latini
(admaioramedia.it)