Antonio Capitta se n’è andato oggi, in una splendida mattinata di sole, a 76 anni. Dopo appena due giorni di degenza in ospedale. Per me è stato un fratello maggiore, non ‘soltanto’ un carissimo amico. Oserei dire che è stato come un secondo padre, se non fosse per i soli 21 anni di differenza che ne avrebbero fatto un genitore decisamente giovane. Con lui va via una parte importante della mia vita, visto che lo conobbi quand’ero ancora un bambino e mi recavo agli allenamenti del Cagliari allo stadio Amsicora con mio zio Carmelo, grande amico di Antonio nonché suo collega alla Rai.
Con lui se ne va un’altra memoria storica di quel giornalismo che oggi mi manca tanto, fatto anche di rapporti umani: non sempre idilliaci, naturalmente, ma di sicuro più genuini. Grazie ad Antonio e a tanti colleghi della sua generazione, ho avuto la fortuna di respirare il clima dell’ambiente giornalistico degli anni Sessanta e Settanta, cioè ben prima che io iniziassi a muovermi al loro fianco. Potrei raccontare per ore e ore i tantissimi aneddoti che Antonio, nel corso degli anni, mi ha tramandato in merito alle sue esperienze giornalistiche (e non solo). Non a caso, l’anno scorso gli avevo suggerito di scrivere un libro perché non restasse un patrimonio di pochi intimi. Lui si era detto d’accordo, a patto che lo aiutassi a digitare i testi al computer. Ma alla fine, purtroppo, non ha trovato gli stimoli giusti per partire.
La stragrande maggioranza delle persone che conosco e di quanti, in queste ore, stanno manifestando sui social network il cordoglio per la sua scomparsa, ricordano Antonio Capitta in veste d’inviato di “90° minuto” e della “Domenica sportiva”, quando seguiva le partite della serie A di calcio. Per tre decenni in effetti è stato uno dei volti noti che accompagnavano le domeniche degli sportivi italiani. In verità Antonio era appassionato di tutti gli sport, in particolare di motori e vela: Azzurra, Destriero e Rally Costa Smeralda sono alcuni degli eventi che lui ha raccontato in più occasioni, accendendo la passione anche in chi solitamente non segue quelle discipline. Questo perché lui aveva un pregio: cercare sempre di evitare le banalità, le frasi scontate, i refrain ripetitivi che a lungo andare annoiano. E lo faceva con straordinaria ironia. Una dote naturale.
Si metteva sempre in discussione per primo, non amava la faciloneria con cui – oggi soprattutto – si può confezionare un servizio giornalistico. Faceva parte di quella Rai che vantava autentici talenti di giornalismo, ma anche presidenti e direttori che hanno fatto la storia dell’ente statale. Da qualche anno, mi ripeteva spesso, non si rispecchiava più in quella azienda. E quando alcuni amici romani venivano a trovarlo a Cagliari, su tutti Fabrizio Maffei, veniva confortato in quella tesi: già, la Rai è diventata una cosa molto differente da quella che Antonio aveva conosciuto e amato. Tutto l’ambiente giornalistico italiano è cambiato, così come è cambiata la società del nostro Paese. E questo gli riusciva difficile da digerire.
Dopo il naturale pensionamento, Antonio ha voluto tentare una nuova esperienza televisiva con Videolina: per passione, non certo per necessità. Quando poi gli stimoli sono venuti a mancare, ha detto basta. Da quel momento si è limitato a seguire lo sport in tivù. Da semplice spettatore. Tifoso della Roma (passione che ha trasmesso al figlio Andrea) oltre che del Cagliari, non si è mai fatto influenzare quando ha dovuto scrivere un pezzo su queste squadre. E l’amore per il calcio è stato trasferito in maniera naturale al figlio, che è poi diventato un ottimo portiere di calcio a livello dilettantistico. Ammirava la tenacia di Andrea, oggi quarantenne, che smessi i guanti da numero uno si è dato dapprima alla maratona per poi misurarsi addirittura nell’Iron Man. “Ma dove troverà tutte queste forze?”, si domandava a voce alta, preoccupato che il figlio – ormai uomo, sposato con Stefania e padre dei due nipotini (Mattia e Francesco) che Antonio adorava – potesse accusare troppa stanchezza nel lavoro quotidiano.
Antonio è stato tra i miei maestri, in maniera inconsapevole: a me bastava carpire alcuni dei suoi talenti, semplicemente osservandolo o seguendo i suoi servizi, il suo stile, soprattutto avendo la consapevolezza che nel nostro mondo bisogna andare avanti con la schiena dritta e senza scendere a compromessi. Come tutti gli uomini, aveva anche tanti difetti oltre a tantissimi pregi. Alcuni gli sono costati parecchio. Mi dispiace che ci abbia lasciati così presto, perché aveva ancora tanto da dirci, da raccontarci, da insegnarci. Ma sono felice di aver trascorso insieme a lui tanto tempo sino agli ultimi passi di questo percorso terreno, che ultimamente era diventato piuttosto faticoso. Ora Antonio ha ritrovato la sua Anna: dopo la scomparsa dell’adorata moglie, qualcosa in lui era cambiato. Irreversibilmente. Chissà quante cose si staranno raccontando ora…
Luigi Alfonso
(admaioramedia.it)