Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, non ha fatto in tempo a dimettersi che, subito, la sinistra, affollatissima di aspiranti successori, ha lanciato il nuovo mantra per cui, per il bene della città, dovrebbe esserci per forza un sindaco donna, o meglio, nella cacofonica neolingua ispirata dalla Boldrini in testa, una sindaca.
Niente di nuovo sotto il sole: si ripropone la solita impostazione radical chic che tende a far passare l’affermazione dei diritti e della dignità delle donne, anziché per l’evoluzione a livello sociale, a volte lenta ma inesorabile, per forzature ‘di vertice’, che, in genere, sono molto propizie per le carriere delle tardo-femministe. Viene così portata alle estreme conseguenze la logica alla base di meccanismi poco consoni alle istituzioni di un paese sviluppato dell’Europa occidentale quali le quote rosa e la doppia preferenza di genere, per cui, prima ancora di richiedere per gli aspiranti governanti e amministratori requisiti di base che dovrebbero essere indefettibili per tutti (per esempio, preparazione e competenza), si guarda al genere del candidato come panacea di tutti i mali.
Non è escluso che questa ennesima offensiva tardo-femminista sia motivata anche dallo ‘scotto’ di molte aspiranti consiglieri regionali per il fatto che i maschietti, a differenza di quanto accaduto alle elezioni comunali, hanno imparato a ‘gestire’ il meccanismo della doppia preferenza di genere non concedendo eccessive rendite di posizione alle colleghe candidate del gentil sesso. Così come è curioso notare che, al netto di alcune candidature maschili quasi di bandiera, l’opzione donna, in presenza di almeno due agguerrite candidate, entrambe riconducibili all’area politica di Zedda – gli assessori all’urbanistica, Francesca Ghirra, e al commercio, Marzia Cillocu – alle quali finora si aggiunge la piddina Rita Polo, l’opzione rosa metterebbe fuori gioco il solo candidato del centrosinistra davvero competitivo, il rieletto consigliere regionale del Pd Piero Comandini, temutissimo dal clan Zedda, che, nel generale sfacelo del suo partito, ha notevolmente incrementato le preferenze personali e che non ha risparmiato fendenti a mezzo stampa alle menate ‘leaderistiche’ dell’ormai ex sindaco.
Non vi è ragione perché Cagliari segua una sorte diversa da quella delle maggiori città italiane, ove l’ascesa alla carica di ‘sindaca’ di esponenti politiche non è mai stata ‘calata dall’alto’, ma è sempre stata, o quasi, il frutto di scelte avvenute in base alla maggiore idoneità all’incarico, tanto è vero che alcune ‘sindache’, come la milanese Letizia Moratti e la napoletana Rosa Russo Jervolino, lo sono diventate dopo aver retto importanti ministeri nel Governo nazionale. A parte l’elementare osservazione che dire ‘donna’ non significa necessariamente dire ‘il meglio’. Come ben sanno i Romani sempre più sconsolati per l’operato della ‘sindaca’ grillina Virginia Raggi. Il centrosinistra avrebbe fatto meglio a evitare di lanciare questa ennesima vuota parola d’ordine, anche perché le contendenti in campo sono parecchie, e tutte alquanto agguerrite. Certificata dalle Regionali l’inconsistenza del Movimento 5 Stelle, il centrodestra ha le carte in regola (ed i numeri certificati dalle ultime elezioni) per avvantaggiarsene, seppure anche nell’area moderata qualcuno è già stato colto da poco raccomandabili velleità di emulazione nel filone ‘opzione donna’ a prescindere.
Caesar
(sardegna.admaioramedia.it)
One Comment
il Consumatore
La sinistra cagliaritana, spiazzata dall’abbandono dello scranno di Sindaco del giovane Zedda, non avendo personaggi che possano ancora avere presa come il giovanotto professionista della politica, si sono aggrappati al mantra della prima donna sindaco (si, al maschile). A tal proposito si era subito candidata la “superfotografata prezzemolina tanto simile alla Boldrini per gli termini al femminile), poi ritiratasi.
La sinistra non cerca una persona che possa essere votata per capacità manageriali, ma solo una donna, come se ciò fosse una sicura garanzia.