Dopo aver ispirato paragoni col mondo della ‘fisica’ in relazione alla‘divisione dell’atomo’ elettorale, gli indipendentisti sardi, oggi, ispirano riferimenti ‘medici’, dato l’accanimento terapeutico sul cosiddetto “Progetto Autodeterminazione” (o “Autodeterminatzione” con “tz”? Boh …) dopo le defezioni dell’ex coordinatore Anthony Muroni (la cui formazione politica, “Sardos”, è stata spintaneamente allontanata con accuse varie di “moderatismo”) e di “Comunidades” dell’ex dirigente Pd Valentina Sanna.
Infatti, che ciò che resta del raggruppamento che ha ottenuto, alle recenti elezioni politiche, il deludente risultato del 2%, vuole rilanciarsi, in vista delle elezioni regionali, come “Nuovo Progetto Autodeterminazione”, senza avere fatto fronte alle suddette defezioni riagganciando formazioni politiche più solide come “ProgRes” o “Sardigna libera”, ma, in compenso, col formidabile ‘nuovo acquisto’ dei sedicenti “Radicales sardos pro s’autodeterminatzione” (ex “Radicali sardi”), che fino a tre mesi fa stavano addirittura con “+Europa” di Emma Bonino. Chissà se riusciranno a spiegare come conciliano le odierne convinzioni ‘sovraniste’ con la recentissima adesione alla piattaforma politica della più decisa globalista e immigrazionista italiana, vicinissima al ben noto George Soros, le cui fondazioni, proprio in nome del ‘sovranismo’, sono state allontanate dall’Ungheria.
Un annuncio, denso di luoghi comuni ‘similgrillini’ sul non essere “né destra né sinistra” e sulla “partecipazione dal basso”, rivela che, per gli indipendentisti nostrani, “squadra che perde non si cambia”, dato che furoreggiano ancora ‘vecchie facce’ come il consigliere regionale dei RossoMori, Emilio Usula, e l’immarcescibile leader di Irs, Gavino Sale, esponenti di formazioni indipendentiste che nel 2014 non avevano avuto problemi ad allearsi col Pd del centralista renziano Francesco Pigliaru. Del resto, a parte l’antica formazione “Sardigna Natzione” e la nuova “Liberu”, la composizione del ‘progetto’ è prevalentemente di fuoriusciti della sinistra storica di governo, autonomista a fasi alquanto alterne. E che queste siano le premesse culturali si evince anche dall’incredibile ‘analisi della sconfitta’ effettuata dal nuovo coordinatore Fabrizio Palazzari, che si è incredibilmente trasformata in una “analisi della vittoria”, con la tesi che il progetto “si è irrobustito dopo le elezioni del 4 marzo”, benché il raggruppamento abbia ottenuto quel misero 2% contro un bacino elettorale potenziale che, alle regionali del 2014, oscillava tra il 13 e il 17%.
Probabilmente, l’irrobustimento, a cui accenna il volenteroso ed ottimista Palazzari, sarà avvenuto nell’Isola che non c’è, quella cantata da Edoardo Bennato, ma non certo in Sardegna. L’Isola che c’è dove i voti presi dagli indipendentisti alle precedenti regionali, relativamente abbondanti ma quasi del tutto inutilizzati a causa degli sbarramenti della legge elettorale, erano in evidente ‘libera uscita’, chiaro ripiego di elettori che avrebbero altrimenti votato altre forze politiche. In particolare, il Movimento 5 Stelle, assente all’ultima consultazione regionale, e il Partito sardo d’azione, la cui leadership è andata sempre più rafforzandosi anche grazie all’alleanza con la Lega tanto criticata dai leoni da tastiera ‘progressisti’.
E’ perfettamente inutile praticare la respirazione artificiale a una formula politica che richiederebbe non solo facce realmente nuove, ma soprattutto la messa a fuoco di una convincente cultura politica, posto che le perorazioni ‘sovraniste’ sono poco conciliabili con le perorazioni immigrazioniste e, più in generale, con la subalternità alla cultura ‘globalista’ e ‘dirittocivilista’ che si appalesa in quest’area politica, a partire dal faro illuminante di sempre, Michela Murgia, ultimamente più interessata ad antifascismo e ultrafemminismo che a coltivare il suo storico indipendentismo.
Caesar
(admaioramedia.it)