E’ trascorso un mese dalla proditoria okkupazione’, da parte dell’associazione studentesca antagonista Cua Casteddu, di alcuni locali al piano terra del corpo di psicologia dell’Università di Cagliari, per crearvi un “Centro studi autogestito”, dopo che un analogo tentativo di ‘okkupazione’ di uno spogliatoio del Cus Cagliari era stato stroncato dalla decisa reazione dei responsabili della struttura sportiva universitaria.
Vicenda che non ha destato una grande eco, sia perché non è stata granché riportata dalla stampa ufficiale – ove esistono giornalisti corrivi nei confronti dell’area ‘antagonista’ – sia perché, ferma la riprovazione per ogni forma di occupazione illegale di locali pubblici, si poteva concedere che il fine inizialmente proclamato dagli ‘okkupanti’ (voler creare una struttura per agevolare lo studio) venisse incontro ad esigenze obiettive degli studenti. Si è trattato di una vana illusione, dato che la prima iniziativa pubblica di ‘studio’ promossa dagli ‘okkupanti’ del Cua Casteddu, organizzazione strettamente legata al mondo ‘antifa’ cagliaritano, consiste, puntualmente, in una due giorni antifascista, che promette, tra l’altro, di soffermarsi sulle esperienze degli ‘antifa’ in Svezia e in Grecia.
Si tratta, insomma, di un’attività che, dietro il pretesto degli ‘studi’, ha carattere palesemente politico, nel solco di quello che il filosofo marxista e gramsciano Diego Fusaro ha felicemente definito “antifascismo in attesa di fascismo” e sul quale la sinistra ‘riformista’ capitanata dal Partito democratico, rassegnatasi per disperazione a farsi dettare l’agenda dal quotidiano “La Repubblica” e dall’Associazione nazionale partigiani, si è fracassata la testa alle ultime elezioni politiche. Ma a differenza del Pd, gli ‘antifa’ ed assimilabili non hanno il problema del consenso popolare: pur avendone ben poco – come si è visto chiaramente in occasione delle ultime, patetiche manifestazioni – non sono, infatti, neppure interessati ad ottenerlo. L’ottica tardo-sessantottina del ‘vogliamo tutto e subito’, dell’egoismo organizzato in cui si muovono è inconciliabile con lo stesso concetto del ‘bene comune’, e non è compatibile con le regole di una società democratica. Quindi, anche se ‘errare humanum, perseverare diabolicum’, si va avanti così, senza indietreggiare di un millimetro, in una città in cui tante, comuni e non politicizzate associazioni culturali difficilmente possono accedere alla concessione di locali pubblici, comunque di regola messi rigorosamente a bando, e devono, quindi, perlopiù far fronte agli esosi costi di reperimento di locali in affitto sul mercato immobiliare.
In presenza di tale situazione, aggravata dalle spesso cervellotiche modalità di gestione delle politiche culturali da parte della Regione e del Comune di Cagliari, è assolutamente inaccettabile e iniquo che ci sia gente che, con pretesti inconsistenti, si impossessi senza alcun serio contrasto di locali pubblici per svolgere gratuitamente e a piacimento attività politica, oltre tutto con un chiaro marchio estremista e fazioso. Si potrebbe anche comprendere l’atteggiamento attendista del rettore, Maria Del Zompo, alla luce dell’esigenza di evitare che si surriscaldino ulteriormente gli animi con l’area ‘antagonista’, che già la contesta duramente, pur essendo il Rettore più a sinistra nella storia dell’Ateneo cagliaritano, per talune attività di ricerca militare svolte da un docente della Facoltà di Ingegneria, come se la ricerca scientifica dovesse soggiacere ai diktat degli antimilitaristi. Ma quando si oltrepassano certi limiti, non si può fare come Don Abbondio, e, anche a scanso di responsabilità personali, bisogna far applicare rigorosamente la legge, come nella ‘rossa’ Bologna, dove i soliti ‘okkupanti’ abusivi sono stati sgomberati da una sala di lettura del polo giuridico universitario abusivamente occupata senza troppo problemi.
Caesar
(admaioramedia.it)