La visita in Sardegna della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell’uranio impoverito è l’occasione per ricordare alcuni dati sull’incidenza della presenza militare, definita ‘la prima azienda sarda’ con circa 5.000 stipendi, con una ricaduta e un indotto considerevoli per quanto riguarda affitti, tributi locali, edilizia, consumi ecc.
Quotidianamente viene ventilato il mancato sviluppo dovuto ai 220 kmq di territorio di proprietà del demanio militare (circa lo 0,5% dei 24.090 kmq della superficie isolana) e agli 80 km di coste incluse nei poligoni (circa il 4% dei 1800 km di costa, considerando anche le isole minori), sicuramente un’esagerazione. Possibile che quello 0,5 % del territorio e quel 4% delle coste siano determinanti per l’economia isolana e, soprattutto, non siano equilibrati dagli stipendi e dagli indennizzi, cioè dalla ricaduta economica che pesa sull’altro piatto della bilancia?
Anche per quanto riguarda la salute dei cittadini, sarebbe bastato ai tanti scettici accecati da una visione partigiana e antimilitarista dare un rapido sguardo ai numerosi articoli apparsi sulla stampa nazionale e locale sul numero dei centenari presenti nelle aree interessate dai poligoni. Il 21 agosto 2012, il “Corriere della Sera”, con un articolo in prima pagina informava l’Italia che il guinness mondiale di longevità era stato consegnato ai nove fratelli Melis abitanti a Perdasdefogu. Il 27 settembre 2014, “L’Unione Sarda” riferiva che due ricercatori dell’Università di Cagliari, Luca Gaviano e Donatella Petretto, avevano scoperto che una delle ‘blue zone’ del mondo è il paese di Teulada, altra area su cui grava un poligono. Non solo. Il primo aprile 2015, sempre il quotidiano sardo informava che i poligoni isolani avevano superato l’esame dell’Arpas (Agenzia regionale per l’ambiente) e risultati della analisi approvati dalla Regione. Nello stesso giorno, “La Nuova Sardegna” informava: “Quirra, Salute a rischio? Uno studio lo nega”. Il 17 giugno 2015, “L’Unione Sarda” parlava dei centenari sardi di Perdas, dell’Ogliastra e di Teulada. Tanto che 50 membri dell’Icc (Comitato internazionale dei centenari) sono in Sardegna per capire come mai proprio a Perdas e a Teulada, oltre che a Okinawa, altra tappa del loro viaggio, la gente viva così a lungo. Ed il 18 giugno 2015, titolava: “Perdasdefogu. La blue zone. L’elisir di lunga vita”.
Al di là dei numeri dei centenari, i poligoni e la ricerca aerospaziale, in chiave duale, che in essi si può sviluppare sono una risorsa, portano denaro, posti di lavoro, possono trasformare la Sardegna in un centro di eccellenza internazionale, con importanti ricadute anche in ambito civile. D’altronde molte tecnologie, ora di uso comune, sono nate e sono state sviluppate in ambito militare. La salute di chi lavora nei poligoni è un interesse primario, i veri danni per l’economia sarda e per i cittadini sono stati causati dalle sinistre e fallimentari politiche industriali che hanno stravolto sia socialmente che paesaggisticamente il territorio, lasciandoci centinaia di disoccupati e intere aree della nostra terra trasformate nelle realtà più inquinate della Penisola. Parliamo di Porto Torres, del Sulcis-Iglesiente e del Guspinese. Se veramente si ha cuore la salute dei cittadini, militari e non, sono queste le aree che più di qualsiasi altre hanno un urgente bisogno di interventi di bonifica e riconversione, come rilevato anche dal III Rapporto Sentieri del Ministero della Salute che certifica un preoccupante aumento delle malattie respiratorie e dei tumori nelle ex aree industriali.
Troppi luoghi comuni dettati da un cultura antimilitarista bloccano un ragionamento serio sulle aree oggi interessate da servitù militari ed esercitazioni. Bonifichiamo la politica da ogni retorica antimilitarista e iniziamo un serio programma di riconversione dei poligoni, ma soprattutto delle aree industriali inquinate, queste ultime vero pericolo per la salute dei sardi.
Paolo Truzzu – Consigliere regionale di Fratelli d’Italia
(admaioramedia.it)