Aveva inutilmente provato a far sospendere l’asta di Londra, perciò a giugno la Fondazione Nurnet – La rete dei nuraghi, insieme al gruppo facebook Archeologia della Sardegna, aveva deciso di parteciparvi, riuscendo ad acquistare, grazie al contributo di soci e privati cittadini, quattro dei nove bronzetti nuragici in vendita: un cavallo, due stambecchi ed un ariete, datati IX-VI secolo a.C., appartenenti ad una collezione libanese. I restanti cinque sono stati venduti ad anonimi acquirenti: due sacerdoti, un guerriero, un offerente ed un animale.
Sulla vicenda il deputato di Unidos, Mauro Pili, aveva presentato un’interrogazione, chiedendo al Ministro dei Beni culturali se ritenesse di intervenire per “fermare l’asta e recuperare il patrimonio” che, secondo il Parlamentare, era stato “indebitamente sottratto al patrimonio archeologico della Sardegna”. In questi giorni è stata resa nota la risposta del Ministero, affidata al sottosegretario Francesca Barracciu: “Gli accertamenti, eseguiti presso la casa d’aste, non hanno consentito di acquisire elementi tali da implicare la sussistenza di reati e di promuovere un’azione di cooperazione internazionale di polizia per il recupero dei beni, né di interessare la polizia inglese per acquisire documentazione”. Il Sottosegretario ha anche ammesso che il Ministero ha “formalmente sollecitato affinché venisse sospesa in via cautelativa l’asta”, cosa che ovviamente non è avvenuta, e che la Soprintendenza archeologica ha potuto visionare i reperti solo dal sito web della casa d’aste, non potendo escludere “l’autenticità e l’effettiva pertinenza all’ambito culturale nuragico”. Riservandosi una valutazione tecnico-scientifica attendibile con “un’analisi diretta dei reperti e con indagini chimico-fisiche specifiche”, che, però, a quasi tre mesi dall’acquisto non è ancora avvenuta. In verità, nella risposta molti dubbi e poche certezze: “Non è possibile affermare che i reperti provengano da contesti archeologici della Sardegna” e “non è possibile stabilire se i reperti siano nella legittima disponibilità dei titolare della collezione o se siano esito di scavi archeologici clandestini e traffici illeciti”. Tuttora, conclude il sottosegretario Barracciu, “il Ministero è in attesa di ricevere la documentazione richiesta alla casa d’aste e notizie dal Ministero della cultura del LIbano”. Il commento di Pili alla risposta ministeriale ha trovato spazio su facebook: “Ecco da chi è governata la cultura. La peggior sciatteria al governo. Povera Civiltà Nuragica in mano a certa gente”.
Intanto, che il Ministro aspetta notizie e verifiche, giovedì scorso i quattro bronzetti sono stati presentati ufficialmente alla stampa dagli acquirenti: “Come sardi siamo i primi a voler conoscere la realtà dei fatti ed è proprio per questo che abbiamo partecipato all'asta – ha spiegato Nicola Manca, presidente di Nurnet – Se non lo avessimo fatto, probabilmente, di bronzetti e beni venduti all'estero non se ne sarebbe più parlato con la stessa attenzione mediatica e coinvolgimento popolare. Si tratta di difendere un principio che va ben oltre la grandezza dei quattro piccoli manufatti: la svendita di un patrimonio, la commercializzazione di ciò che siamo stati, lo svilimento della nostra storia a meri oggetti d'arredo di lusso. Non potevamo accettarlo. Esiste una casa d'asta che ha l'obbligo di garantire la legittimità dei pezzi e per i quali ha prodotto delle certificazioni. Sono loro a dover fornire alle nostre istituzioni tutti gli elementi per fare chiarezza su questa vicenda. Questo vuol dire che l'osare, il provare a cambiare qualcosa, il coinvolgere i cittadini attorno a una questione di principio, può essere una strada percorribile dove il parlare e basta fallisce. Siamo contenti di aver restituito ai sardi dei reperti che, oltre al valore intrinseco, portano con loro un messaggio di speranza”. (fm)
(admaioramedia.it)
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