Provate a immaginare di svegliarvi e di trovare incollata alla vostra faccia una maschera, di vedere cucito alla vostra pelle un abito non vostro, che vi fanno apparire come una persona diversa da quella che siete agli occhi dei vostri cari, dei vicini di casa, del fruttivendolo, di chi vi consce come professionista, come padre come uomo. E soprattutto ai vostri stessi occhi.
Provate a immaginare una mano che tiene ben premuta questa maschera sul vostro volto, fino quasi a soffocarvi. Ecco questa è la sensazione che si prova quando si viene schiaffati sulla pagina di un giornale per un’indagine in cui vi si accusa di qualcosa che mai neppure è passato per il vostro cervello. E può succedere a chiunque. Perfino a quelli che vi puntano il dito contro. Quante volte ho visto dei forcaioli digrignare i denti verso l’avversario politico indagato per poi supplicare il garantismo quando loro stessi hanno vissuto il medesimo destino? Tante, ma mai ho ceduto alla tentazione di godere delle disgrazie altrui. Anzi, in questi casi ho provato una doppia pena per loro.
Scrivo queste poche righe al settimo giorno di un digiuno, iniziato per chiedere che venga aperta un’inchiesta sulla ‘manina misteriosa’ che ha preso illecitamente un atto della Procura di Cagliari e lo ha consegnato al quotidiano “L’Unione Sarda” al fine di screditarmi alla vigilia delle elezioni Politiche del 4 marzo. E’ un fatto gravissimo. Lo preciso ancora una volta per chi non conoscesse i fatti: da cittadino accetto che la Magistratura verifichi il mio operato, le porte della mia casa sono aperte e pure i miei cassetti per qualsiasi controllo. Perché credo nella legalità e nella giustizia. Ma la legalità e la giustizia vere non possono essere intermittenti, non possono essere accese e spente secondo l’occasione. Se un signore o una signora hanno utilizzato in maniera illegale un atto della Procura per farne un uso politico e strumentale, il responsabile deve essere individuato a tutela dell’indagine e della dignità di chi la subisce. Le stesse persone che amministrano la Giustizia dovrebbero insorgere contro questo uso deviato dei documenti della Procura, del loro lavoro.
Ho scelto una forma estrema di protesta perché in questi anni ben sette volte il mio nome è stato sbattuto sulla stampa e per cinque volte è stato dimostrato che non ho fatto nulla di male (gli altri due procedimenti sono in corso). Ho subito una pena da innocente: quella del disonore, del dolore negli occhi dei miei figli, del vedere violentata la mia dignità di uomo. Provate a immaginare solo per un attimo che cosa di provi. Di solito si tace perché si teme che possano esserci ulteriori conseguenze per chi non accetta queste regole del gioco illegali, ma io non voglio stare zitto. Perché credo nella Giustizia, nonostante tutto. Perché credo nella Magistratura. Perché voglio gridare a nome delle moltissime persone che non hanno resistito e che l’hanno fatta finita per la vergogna di essere infangati sui media. Le indagini avvengano, si facciano i processi, ma nei luoghi in cui devono avvenire, non sui media. Non è tollerabile che un atto della Procura venga preso e poi piegato ad un uso gravemente illecito, come quello di eliminare una persona dallo scenario politico. Sono al settimo giorno e vorrei rassicurare i tanti amici che mi stanno scrivendo che sto abbastanza bene, sono solo un po’stanco. Ho solo tanta fame… fame di Giustizia.
Ugo Cappellacci – Deputato di Forza Italia
(admaioramedia.it)