Relegare i partiti alle proprie contrapposizioni e alle proprie logiche e concentrarsi sugli uomini. Mentre sulla stampa e sui social network imperversa la corsa alla guida degli schieramenti isolani in vista delle prossime regionali di inizio 2019, tra veti incrociati, candidature paventate e investiture più o meno improbabili, si impone all’attenzione dell’elettorato sardo in tutta evidenza il problema degli uomini su cui scommettere, del loro spessore morale e delle loro qualità, umane e professionali. Gli uomini a cui affidare le redini di una regione assuefatta alle promesse mancate e ai tanti appuntamenti perduti, condannata da tempo a problemi atavici e a una sfilza di mali senza rimedio.
Una svolta culturale nel segno del pragmatismo e della concretezza delle cose tangibili, impressa alla quotidianità dell’elettorato sardo dalla fine di un mondo e di un’epoca: l’epoca delle battaglie campali tra centrodestra e centrosinistra, tra leader in pectore e presunti tali, tra investiture di segreterie nazionali sempre meno autorevoli e potentati locali senza più credibilità. Quello che marchia a fuoco la campagna elettorale per le prossime regionali sarde è l’assenza di un vero conflitto politico tra visioni contrapposte della società e del futuro, un’assenza prodotta dai decenni di fallimenti di una classe politica abile negli slogan e nelle contrapposizioni di facciata, ma povera di proposte e di iniziative capaci di innervare un’azione di governo alla prova dei fatti sempre e soltanto incolore e insapore, a sinistra, al centro e troppo spesso anche a destra.
Di certo, come annunciato nei giorni scorsi dalla Lega, nel prossimo confronto elettorale non sarà di scena «il centrodestra per come lo abbiamo conosciuto». Un’affermazione con cui si scrive ufficialmente la parola fine al berlusconismo e che sembra lasciare il campo aperto alle nuove urgenze popolari del sovranismo e a una nuova azione politica dal basso che promette un’inversione di tendenza nel modo di intendere la cosa pubblica, mai come oggi segnata da un crescendo di aspettative in materia di occupazione, fisco e giustizia sociale. Un capovolgimento culturale di non poco conto, se si pensa alle tante carriere immeritate e alle tante fortune ingiustificate di personaggi balzati agli onori del potere soltanto grazie all’insindacabile investitura del Capo che fu, troppo spesso senza il necessario corollario di competenze e di capacità costretti ora a smobilitare per lasciare spazio, finalmente, ai tanti amministratori e alle tante personalità che hanno dimostrato di meritare una chance al governo dell’Isola.
Quale che sia il prossimo candidato governatore di area liberale e sovranista, di sicuro dovrà essere una personalità espressione genuina del territorio e il prodotto di una visione politica e culturale ambiziosa, che si proponga davvero di scompaginare i vecchi disegni e le vecchie prospettive delle nomenclature di un tempo per rimettere al centro dell’agenda il lavoro, la sanità e l’impresa partendo da un nuovo patto con le giovani generazioni cui spetta di diritto il compito di scrivere la nuova storia della Sardegna.
Nicola Silenti
(admaioramedia.it)