La peste suina africana è presente in Sardegna dal 1978 e in 40 anni ha avuto tutto il tempo per mortificare lo sviluppo di un comparto che ha subito negli anni un pesante ridimensionamento; il tutto a fronte di un valore al consumo, nella nostra Isola, delle produzioni da carni suine pari a circa 500 milioni di euro.
La lotta alla peste suina africana, vincente in Spagna, oggi leader mondiale nella produzione e commercializzazioni di prosciutti, richiede in Sardegna, senza tentennamenti, la sospensione dell’allevamento brado sino a quando si potrà dichiarare che la peste è scomparsa dal nostro territorio; non vi sono scorciatoie, né sono ammissibili alibi di sorta da parte di chi mette a repentaglio l’economia degli allevamenti rispettosi delle regole di sicurezza sanitaria oltre che la propria e altrui salute nel caso di animali affetti da trichinella.
Al fine di favorire la regolarizzazione degli allevamenti la Regione Sardegna ha accolto diverse proposte avanzate nel tempo dalle organizzazioni professionali agricole; tra queste, la messa a disposizione, già dal 2008, a favore dei Comuni delle aree a maggior rischio, dei finanziamenti necessari a realizzare sulle terre gravate da uso civico, per rispondere alle esigenze dei produttori privi di terreni propri, recinzioni, più o meno estese, secondo la volontà degli stessi Enti locali, ove provvedere all’allevamento in modalità semi-brado ma in condizioni di bio sicurezza. Si è aggiunto il finanziamento nello stesso anno, di 2 milioni di euro, successivamente portati a circa 7 milioni, per incentivare gli allevatori a realizzare le loro aziende. I Psr non hanno mai escluso ai suinicoltori l’accesso ai benefici per gli investimenti. Più recentemente, si è provveduto a limitare l’importo delle sanzioni per favorire l’emersione delle aziende irregolari e si è consentito l’allevamento semi-brado in superfici superiori rispetto a quella originaria di 3 ettari, portandola a 10 ettari e, nelle aree a minor rischio, a 30 ettari. Laore e, sotto il suo coordinamento, le stesse organizzazioni agricole, unitamente alle Assl, hanno condotto un’ampia azione di informazione.
Si può essere soddisfatti? Solo in parte. Hanno ragione quegli allevatori che lamentano eccessi di burocrazia, scarsa efficienza degli organismi preposti ai collaudi delle opere faticosamente realizzate e al rilascio delle autorizzazioni; inoltre, le norme ministeriali sul riconoscimento delle organizzazioni, costituite tra allevatori delle razze autoctone, ne impediscono di fatto la costituzione. Va trovata una strada per evitare l’abbattimento dei suini autoctoni sani da conservare presso aziende pubbliche, garantendo la necessaria diversità genetica. Ritardi notevoli si lamentano infine sulla mancata definizione di proposte atte a riconoscere la Dop ai prodotti derivanti dalle carni suine sarde. Sarebbe opportuno attivare, presso l’Assessorato dell’Agricoltura, il Tavolo di filiera, integrato con una rappresentanza dei Comuni della zona ad alto rischio, tra i quali non mancano casi di diffidenza, per esaminare periodicamente la situazione e ricercare le soluzioni più opportune rispetto alle problematiche presenti, andando contestualmente ad un confronto più serrato con l’Unità di progetto costituita per la lotta alla peste suina africana.
Ignazio Cirronis e Pietro Tandeddu – Presidente e direttore regionale Copagri Sardegna
(admaioramedia.it)
2 Comments
Gabrio Tullio
I nostri maiali hanno la peste suina le pecore la lingua blu …..invece gli animali putridi che ci importano sono commestibili????
Vittoriano Guala
Serve la collaborazione dei proprietari che mi sembra non ci sia.