Nonostante, nel primo anno di questa Legislatura, l’Assessorato regionale della Sanità sia stato attivo a produrre comitati, come il Comitato regionale per l’emergenza urgenza (avrebbe dovuto supportare l’Assessore nello stilare linee guida, protocolli e migliorare il Sistema emergenza urgenza intra ed extra ospedaliero) ed il Comitato regionale per il Blsd (avrebbe dovuto supportare l’Assessore nello stilare linee guida, protocolli per l’accreditamento dei centri di formazione e delle società scientifiche, destinate ad erogare la formazione all’uso del defibrillatore semiautomatico), questi organismi sono stati convocati ed ascoltati poco o nulla.
Eppure, la rete regionale per la defibrillazione precoce, l’informazione e la formazione di operatori e l’uso di un defibrillatore nei primi 7\8 minuti diminuiscono del 75% la mortalità da arresto cardiaco improvviso: in Sardegna ci sono circa 900 morti l’anno, uno ogni 1.000 abitanti adulti. Su questo tema, nel lontano 3 aprile 2001, era stata promulgata la Legge sulla formazione per l’abilitazione ai non sanitari all’uso dei defibrillatori semiautomatici esterni (Dae), conseguentemente nacquero alcuni centri di formazione a Cagliari e Sassari per organizzare i corsi per il volontariato, come l’Irc Sassari 118 (Italian resuscitation council), che aveva come responsabile regionale prima Gianfranco Ganau (attuale presidente del Consiglio regionale) e poi, fino al 2012, Piero Delogu (direttore del 118 sardo fino a qualche giorno fa, prima della nomina del nuovo direttore generale dell’Areus).
Nel febbraio 2004, la Regione produsse una delibera per dare alcune linee guida sulla defibrillazione precoce, promossa dall’allora assessore Roberto Cappelli, con la consulenza dei due direttori delle Centrali operative di Cagliari e Sassari, Piero Golino e Gianfranco Ganau, ma fu applicata poco, anche per la carenza di personale delle Centrali. Permise, però, alle società scientifiche di muoversi secondo quelle linee guida, anche perché, fino a qualche anno prima, tutto seguiva modalità confuse con corsi effettuati un po’ da tutti, sia dalle Asl che dalle Centrali operative, oltre che dai centri di formazione non istituzionali, seppure sotto forma di Onlus. A dicembre 2011, vennero stanziati circa 200.000 euro (gestiti dalle Centrali operative 118 di Sassari e Cagliari) per il Progetto regionale Dae, prevedendo l’acquisto dei defibrillatori e la formazione degli operatori. Ma è a settembre 2012 che arrivò la svolta: la Legge Balduzzi obbliga le società sportive ad avere un defibrillatore e di conseguenza a partecipare ai corsi, con il Coni che chiese l’esclusiva dei corsi per la Federazione italiana medici sportivi (Fims), Insomma, si veniva a creare un ‘mercato’ di circa 18.000 ‘sportivi’ da formare e verificare, oltre agli appartenenti a Forze dell’ordine, Vigili del fuoco, volontari del soccorso ecc.
In tempi recenti, a maggio 2016, è nato un altro comitato, quello regionale per l’accreditamento dei Centri di formazione, finora mai riunito. Qualche mese dopo (dicembre 2016), la Regione ha disposto un contributo per l’acquisto di defibrillatori semiautomatici esterni, a favore di proprietari e gestori di impianti sportivi, nonché delle associazioni sportive dilettantistiche, obbligati ad avere un Dae dal Decreto del Ministero della Salute (marzo 2013), con incarico a bandire la selezione alla Asl di Sassari (ora Assl, Area socio sanitaria locale). Intanto, i centri di formazione hanno continuato ad organizzare i corsi, scoprendo però che solo la Centrale operativa 118 sarebbe stata abilitata a farlo, tanto che quelli organizzati da altri sono stati riconosciuti con qualche difficoltà. Anche quelli di società scientifiche, come Irc Sassari 118, attraverso la quale numerosi medici ed infermieri del 118 sono diventati istruttori. Attualmente, tra le società scientifiche, in Sardegna va per la maggiore la Sis 118 (Società italiana sistemi), nata nel 2008, che annovera tra i suoi dirigenti nomi noti come Francesco Enrichens, attuale direttore sanitario Ats, vicepresidente nazionale per il nord Italia dalla fondazione della Società, e Piero Delogu, vicepresidente nazionale e delegato per la Sardegna.
Per i possessori di defibrillatore il dilemma non è rispettare l’obbligo di possederlo (come imposto dalla Legge Balduzzi), ma non poter fare i corsi per operatori a causa delle procedure di accreditamento, spesso complesse e di difficile attuazione, come ha dichiarato anche Corrado Casula, membro della Commissione regionale Blsd («Finché non ci sarà la legge regionale, l’organizzazione dei corsi prevede troppe lungaggini burocratiche», in un’intervista al quotidiano “La Nuova Sardegna”, ottobre 2017). Procedure scaturite grazie ad una determina dirigenziale, che non risulta siglata dall’Assessore né passata sul tavolo del Comitato regionale. Una situazione che determina un clima di insicurezza, seguito talvolta da comunicazioni di ‘nullità’ del corso frequentato. Resta ancora un mistero: quando e come i corsi effettuati da società scientifiche nazionali e secondo le modalità indicate dal Ministero della Salute saranno riconosciuti dalla Regione Sardegna. Forse, la tanto attesa nomina di Giorgio Lenzotti a direttore generale dell’Areus potrà servire ad affrontare e risolvere la questione.
Intanto, troppi defibrillatori restano spenti, come nel caso di Oristano, oppure non vengono posizionati, come nel caso di Muravera alla spiaggia di San Giovanni o nei campi sportivi a Tempio. Un defibrillatore semiautomatico ed operatori preparati garantiscono, se intervengono nei primi minuti, un salvataggio pari al 75% degli interventi. Nelle stanze decisionali regionali ci si perde nei ‘bizantinismi burocratici’, dimenticando che normare presto e bene in questo campo può valere qualche vita umana.
Doctor House
(admaioramedia.it)