Oltre 170 gli algerini arrivati in poche ore sulle coste meridionali sarde. Un dato che non sorprende, bensì risulta essere in linea con l’andamento del fenomeno della harga, migrazione illegale, dall’Algeria orientale verso l’Italia dall’inizio del 2017.
Da gennaio ad oggi, sarebbero oltre 1.000 i migranti giunti in Sardegna seguendo la rotta algerina, quasi tutti giovani uomini, eccettuati poche decine di donne e minori. Ad agosto, in controtendenza con quanto siamo stati abituati ad osservare dal 2006, anno di inaugurazione di questa direttrice migratoria, è giunto sull’isola un barchino con a bordo sole donne: una novità che dice poco ai comuni lettori di testate giornalistiche, ma assume significato per gli studiosi dei flussi dal continente africano verso l’Europa.
Quel che forse non sfugge al comune lettore e allo studioso, è invece l’inquietudine di fronte al fenomeno manifestata dalle autorità regionali, e concretizzatasi nella richiesta di intervento ministeriale. Anche i media algerini hanno dato notizia delle interpellanze sarde a Roma, non a caso parlando di “Sardaigne inquiète” (AlgerieFocus). In effetti, la harga verso la Sardegna non gode di notorietà se non sulla stampa regionale, e su scala nazionale è considerata marginale rispetto ai flussi che interessano il Canale di Sicilia. La tentazione di partire dall’Algeria resta alta, sia ad Ovest che ad Est. Numerosi sono i casi di salvataggio in mare operati dalle guardie costiere spagnole, italiane e algerine. Numerosi anche i tentativi frenati di partenze illegali, persino durante il mese sacro di Ramadan. Persistono tragici annegamenti e denunce da parte degli harraga di racket subito in mare aperto dagli uomini della Guardia Costiera. Continuano a diffondersi certezze sull’esistenza di un’organizzazione criminale, senza tuttavia prove schiaccianti che cancellino le modalità fai da te di questi viaggi, cominciati quasi per sfida da gruppi di ragazzi di quartiere senza nulla da perdere in patria.
Già, dimentichiamo sempre, in preda ai numeri delle cronache e all’ansia, che qualche harrag la faccia franca, che dietro questa emorragia di giovani vi è un Paese, il più grande d’Africa, secondo fornitore di energia all’Europa dopo la Russia. Cosa avviene dall’altra parte del mare? La crisi petrolifera ha inciso sull’economia algerina. I prezzi sono aumentati, il potere d’acquisto è diminuito e tutto questo si va sedimentando su una disoccupazione endemica che soffoca le classi sociali medio-basse. Le elezioni legislative del maggio scorso hanno visto una debole affluenza attestatasi al 35% e due milioni di schede bianche, segno della disaffezione crescente verso il potere di cambiamento della realtà da parte della politica. I risultati hanno visto una vittoria non entusiastica del partito del Presidente Bouteflika (al potere dal 1999), che si è aggiudicato 164 seggi in Parlamento su 462, e un senso di déjà-vu.
Il Paese dal di fuori sembra una democrazia sana e funzionante. Cosa manca ad un paese ricco di giacimenti petroliferi e gas, baciato dal sole, con un’estensione tale da contenere al suo interno climi e paesaggi che vanno dal deserto alla montagna, dalle coste sabbiose o frastagliate alle fertili campagne? Per non tacere delle ricchezze di un patrimonio culturale sconosciuto ai più, per via di un settore turistico che stenta ad essere incoraggiato: Tipaza, Djamila, Timgad sono solo alcuni esempi di antiche città romane incantevoli da visitare. Cosa blocca gli ingranaggi e costringe chi può a partire legalmente e chi è meno fortunato a farlo per vie illegali?
Un sistema di corruzione collaudato da troppo tempo, incancrenito oramai, difficile da immaginare per chi non lo respira quotidianamente, anche nelle piccole cose. Un harrag arrivato a luglio in Sardegna è partito perché non è riuscito a ricevere adeguate cure dopo un incidente stradale. I diritti vanno di pari passo con lo status sociale, e non è facile accettare con rassegnazione le perenni disuguaglianze e le ingiustizie. Così c’è chi ha sogni troppo grandi rispetto ad una vita così piccola di cui sente l’immane peso e fa di tutto per andarsene. E c’è chi non ha poi grandi sogni, e si unisce ai partenti perché la sua vita non ha peso e perciò, tanto vale giocarsi una carta, a costo di comprarsi, con quei mille euro utili alla traversata, la morte.
Arianna Obinu – Ricercatrice ed autrice della monografia “Harraga, il sogno europeo passa dalla Sardegna”
(admaioramedia.it)
One Comment
Daniela Lampis
Ma quali crisi economiche algerine, non mi pare che in Sardegna ci sia tutto questo lavoro. Chi vuole migliorare le proprie condizioni và in altri paesi con mezzi legali come fanno tutti, questi sono delinquenti, gentaglia.