Cinque giorni fa è caduto il 75° anniversario del più pesante bombardamento subito da Cagliari durante la II^ Guerra Mondiale, e sebbene siano trascorsi tanti anni sono ancora presenti in città, soprattutto nel quartiere di Castello, i resti delle case sventrate dalle bombe alleate, che devastarono la città causando oltre un migliaio di morti, innumerevoli feriti e non meno di 40.000 senza tetto.
L’articolo dell’architetto Salvatore Rattu, pubblicato nel dicembre 1948 su “Edilizia moderna”, forniva il drammatico consuntivo dei danni: dei 4.500 fabbricati che all’inizio della guerra costituivano il patrimonio edilizio della città, 720 erano stati completamente distrutti e 540 gravemente danneggiati, mentre 2.295 erano gli stabili sinistrati ed 855 quelli mancanti di porte e finestre a causa degli spostamenti d’aria. In seguito allo sbarco anglo-americano nel Nordafrica francese, avvenuto nel novembre 1942, il bacino occidentale del Mediterraneo era divenuto l’epicentro della guerra aeronavale e la Sardegna, data la sua posizione, risultava di fondamentale importanza per le operazioni dell’Asse volte a colpire i convogli e le basi logistiche alleate: non solo era più agevole per i sommergibili dislocati a Cagliari e a La Maddalena raggiungere le zone di operazione, ma ne traevano vantaggio anche i reparti aerei in territorio sardo.
Per porre termine agli attacchi italo-tedeschi, l’aeronautica statunitense scatenò contro le basi della Sardegna una pesante offensiva aerea, avviata il 7 febbraio 1943 con il bombardamento di Elmas. Delle quattro incursioni che interessarono l’area di Cagliari nella prima metà del 1943, quella più importante fu posta in atto dagli Alleati il 13 maggio impiegando 197 bombardieri: 103 quadrimotori Boeing B 17 Flying Fortress e 94 bimotori B 25 Mitchell e B 26 Marauder, scortati da 150 caccia fra Lightning P.38 e Curtiss P 40. Ripartita in due formazioni di analoga consistenza, questa imponente massa di aerei decollò intorno a mezzogiorno del 13 maggio dai campi algerini della zona di Costantina. Alle 13,26, il radar tedesco installato presso Sant’Antioco rilevò ad 80 km di distanza la testa della formazione dei B 17 quando si trovava ancora al largo di Capo Carbonara. La segnalazione fu confermata sette minuti dopo dalle stazioni di avvistamento di Torre Fenugu e di Mortorio. Procedendo a 7.400 metri di quota con rotta Sud-Ovest la prima ondata di 30 B 17 comparve sul cielo di Cagliari alle 13.36, dando immediato inizio al bombardamento, ed in poco meno di un’ora ne seguirono altre tre, l’ultima delle quali effettuò lo sgancio alle 14,20.
Mentre si concludeva la prima fase, si avvicinava rapidamente all’obiettivo la formazione dei bombardieri medi. Più serrata della precedente, venne avvistata alle 14,19 dal semaforo di Capo Spartivento e alle 14,28 raggiunse Cagliari, che in pochi minuti venne sommersa dagli scoppi quasi contemporanei di 272 bombe. Nel corso dei sette attacchi diurni ne furono sganciate ben 887 da 454 kg e 6 da 227 per complessive 403 tonnellate di alto esplosivo che devastarono l’area urbana dal porto fino ai quartieri periferici di San Benedetto e di Bonaria. Ai danni dell’incursione americana si aggiunsero quelli causati da 23 bimotori Wellington, che nella notte sganciarono altre 49 tonnellate di ordigni, fra cui quattro blockburster da 1.800 kg che caddero nel largo Carlo Felice ed in via Roma.
Pur non riuscendo a fermare gli attacchi, la contraerea fece del suo meglio per contrastarli: i rapporti nemici accertano che furono 18 i bombardieri colpiti, in prevalenza delle due prime ondate. Inoltre, fin dalle 13,27, per intercettare i quadrimotori si erano levati in volo da Monserrato 29 Me 109 tedeschi e 9 Macchi 202 del 51° Stormo, ma i loro attacchi ad alta quota non diedero esito apprezzabile, mentre negli scontri al largo di Capo Spartivento riuscirono ad abbattere cinque caccia di scorta, subendo la perdita di un Me 109 e di due Macchi. A ben vedere il risultato ottenuto dall’imponente attacco alleato si rivela abbastanza modesto, dato che il porto era stato reso inutilizzabile dalle precedenti incursioni, che la città era semidistrutta e non possono considerarsi fatti di rilievo l’affondamento del sommergibile Mocenigo, ormeggiato per lavori al Molo della Capitaneria, e la distruzione di 400 fusti di benzina accantonati nel deposito dell’Aeronautica di Montemixi.
Emilio Belli
(admaioramedia.it)